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28/07/2024 TERZA ESPERIENZA WWOOFING

Un’altra notte insonne da aggiungere alla collezione. Il caldo è infernale. Axel ansima con il suo alito pestilenziale. Chiara non ce la fa più e si rifugia sul divano. Mi chiede di tenere aperte le finestre, ma io non cedo. Di notte non si può, solo gli oblò restano aperti. Axel, abbaia, mi vuole avvisare di qualcosa.
Pensiamo di essere soli, mi affaccio e vedo un ragazzo che porta a spasso il cane nell’area camper a un’ora assurda. Più tardi, arrivano dei tipi in macchina, si piazzano con il cofano aperto. Pensiamo che ci dormano dentro, ma poi, nel cuore della notte, se ne vanno all’improvviso. Tutto senza senso.
Noi siamo un bagno di sudore. Dobbiamo stare attenti agli oblò perché ogni mezz’ora minaccia di piovere e alla fine cadono due gocce di fango. La notte passa. Ma perché siamo qui? Questa sera siamo diretti alla nostra terza esperienza WWOOFING. Questa volta proviamo qualcosa di diverso: una tenuta agricola che vende i suoi prodotti a ristoranti e mercati locali.
La tenuta è gestita da madre e figlia. Un collaboratore occasionale e i wwoofers aiutano, da ben 11 anni. Dieci ettari di terreno, coltivano frutta, verdura, erbe aromatiche e fiori commestibili. Abbiamo molte cose da imparare.
Non saremo soli. Altri ragazzi da ogni parte del mondo ci accompagneranno. È una buona occasione per socializzare e iniziare a parlare spagnolo. La permanenza minima è di tre settimane, quindi passeremo quasi tutto il mese di agosto lì. Avremo una stanza per noi due, con il bagno condiviso con un’altra persona.
L’orario di lavoro è dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 12. Poi pausa fino alle 19 e si ricomincia per altre due ore. Totale di sei ore di lavoro. Solitamente si lavora di pomeriggio, ma il caldo lo rende impossibile.
Il paese è a 20 km da Siviglia. Sappiamo che hanno cinque cani, tre maschi e due femmine. Speriamo che vadano d’accordo con Axel, altrimenti sarà dura. Per il resto, scopriremo tutto lì. Ci siamo preparati. Abbiamo pulito il camper, svuotato i serbatoi, siamo pronti.
Arrivare è un casino. Google Maps e il navigatore del camper si bloccano per il troppo caldo. Il telefono si surriscalda e smette di funzionare. Invece di un’ora, ce ne mettiamo due. Quasi arrivati, la nostra host ci viene incontro, ci indica la strada e ci mostra dove piazzare il camper.
Scendiamo e T ci accoglie. Sulla cinquantina, portati discretamente. È un donnone, alta quasi un metro e novanta, con lunghi capelli rossi, trasandata. Indossa una canottiera bianca slabbrata e leggins. Ci accoglie con gentilezza e allegria, ci inonda di parole.
Con lei c’è la madre, N. Ottant’anni portati egregiamente nel fisico, ma la mente vacilla. In dieci minuti ci chiede le stesse due domande più volte. Sembra una donna dolce.
Ci fa vedere la casa. È una enorme villa di fine Ottocento, poco restaurata, con mobilio e infissi dell’epoca. Ha tre piani: al piano terra ci sono la cucina, il salone, il workshop (una stanza con tutti gli strumenti di lavoro, dove vengono messi i prodotti raccolti per essere pesati e suddivisi per i vari clienti), due dispense e un bagno.
Il secondo piano ha tre bagni, sei camere da letto e una cabina armadio. Una di queste stanze è la nostra. Il terzo piano è ora inutilizzato, prima usato come studi da lei e dal fratello. La casa, enorme e mal gestita, è sporca. La pulizia non sembra importarle. Abbiamo visto ecosistemi di ragnatele e gechi, e chissà quali altri animali popolano questa tenuta.
La lavatrice è fuori in giardino, piena di terra, ragnatele e sporco. Non capisco questa usanza spagnola di tenere la lavanderia fuori.
Sistemati, conosciamo i nostri compagni di avventura. Ci sono due ragazzi e una ragazza francesi, tutti sulla ventina. Sono studenti, vengono da diverse zone della Francia.  Poi ci sono un ragazzo e una ragazza americani, da Victoria, Texas. Anche loro hanno poco più di vent’anni. Non sappiamo perché sono qui, anzi non sappiamo niente di loro per ora.
La capanna palustre dove vivono loro , dove noi cucineremo e mangeremo, è un vero schifo. Il tetto di paglia è coperto da un telo fatto di buste di immondizia unite insieme. All’interno, una rete tipo zanzariera cerca di prevenire la caduta di schifezze, ma fallisce miseramente. Il pavimento è un caos di paglia, terra e ogni sorta di sporcizia. Un posto che fa rabbrividire.
Ragnatele ovunque, ogni cosa che tocchi è lercia, un insulto alla decenza. I letti a castello sono separati da una tenda che chiamano “privacy”. Il bagno? Ci siamo rifiutati di vederlo. La cucina è il peggio del peggio, sapere che dobbiamo cucinare e mangiare lì è un incubo. Tutto chiede pietà, pensiamo che i prossimi giorni saranno dedicati a pulire per evitare di morire male di qualche malattia improbabile.
Parliamo con M, uno dei ragazzi francesi che parla un po’ di italiano. Ci spiega la situazione: il lavoro è ok, la casa fa schifo, e non c’è abbastanza cibo per tutti. Bene. Aspettiamo a giudicare, tre settimane sono lunghe.
La sera cala lentamente. T ha deciso di preparare una cena per conoscerci meglio. Pensavamo con tutti i ragazzi, invece siamo solo noi due, lei, sua madre e il nuovo ragazzo americano, che scopriamo star facendo la transizione da donna a uomo. Questo tizio è strano. Strabuzza gli occhi ogni secondo, fa versi onomatopeici. Quando non lo guardi, fa balletti o parla da solo. Sembra vivere in un’altra dimensione, nel tredicesimo parallelo. 
Mentre aiutiamo a cucinare, T parla di sé. Racconta la sua storia. Prima di tutto ciò, la sua vita è avvolta nel mistero. Non sappiamo molto, solo che inizia a lavorare nel campo per caso, grazie a qualche conoscenza e al terreno a sua disposizione. Lentamente, si appassiona, fino a lasciare la sua vecchia professione per dedicarsi completamente a questo nuovo lavoro. Ora ha molti clienti: ristoranti, mercati e qualche privato.
Specializzata in prodotti particolari che richiedono principalmente i ristoranti gourmet: fiori commestibili, mini zucchine, melanzane, carote e, soprattutto in questo periodo, fiori di zucca. Mentre parla, i bicchieri di vino si svuotano senza sosta, diventando bottiglie. La mamma le fa compagnia. Inizia a sbiascicare, gli occhi spalancati e lucidi, ma non molla. Resiste tutta la sera, parlando senza sosta, mantenendo discorsi sensati e coerenti, anche quando inizia a diluire il vino con la vodka.
La serata è finita, andiamo in camera, storditi dalla giornata. Proviamo a parlare, ma la stanchezza ci schiaccia. In dieci minuti siamo già crollati. Che l'avventura abbia inizio, augurandoci non sia un altro disastro totale.


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