Usciti dalla stazione, lei, la Sagrada Familia, si staglia all’orizzonte come un gigante di pietra, un monumento all’assurdo. Mi sono sentito un relitto, un testimone di un’era passata, mentre osservavo le nuove aggiunte fatte da quando ero un ragazzino. Gaudì, quel genio maniaco, ha preso un progetto che non era suo e l’ha trasformato in un’opera di vita. Dicono che finiranno nel 2026, giusto in tempo per festeggiare un secolo dalla sua dipartita. Le facciate narrano storie di nascita, passione e gloria, mentre le colonne si ergono come alberi verso il cielo, un ponte tra il terreno e il divino. Frutta di stagione e un quadrato magico, un rompicapo matematico che cela l’età di Cristo. Un delirio di simbolismi, che ti cattura, credente o meno.
La Rambla, era stranamente deserta. Tra venditori di fiori, statue che respirano e pazzi che declamano al vento, tutto sembra immutato. È strano pensare che questo fosse un tempo un fiume, la Riera de Sant Josep.
All’ingresso della Boqueria, siamo stati respinti, “no gossos”, un mantra che ormai sappiamo a memoria. E così, ci siamo lasciati inghiottire dalle strade di Barcelona, senza meta né logica, un gioco di smarrimenti voluti, un labirinto urbano che ci ha ricondotti sempre qui, al punto di partenza.
Casa Batllò, o meglio la Casa delle Ossa, si erge con i suoi balconi che ghignano come teschi e le sue colonne torturate a somigliare a ossa. Poi c’è Casa Milà, la Pedrera, un’onda di pietra che sembra essere stata scolpita dal vento stesso. Entrambe sono come allucinazioni architettoniche visioni di un Gaudì sotto l’effetto di qualche sostanza, che ha deciso di plasmare la città come il suo personale trip psichedelico.
Nell'ultima tappa seduti al Parc de la Ciutadella, abbiamo assunto il ruolo di pseudo-naturalisti, scrutando il microcosmo davanti a noi. Come Darwin su una panchina, abbiamo classificato la fauna metropolitana: i fratelli neri, con le loro risate, si passano le canne ,concludendo ogni tanto qualche affare. Mentre il clan del Pakistan si distingue per il commercio di prodotti alimentari e bevande, un fenomeno di economia informale. I barboni, invece, sono esemplari di Homo Sapiens che hanno adattato strategie di sopravvivenza in un ambiente urbano ostile. Ogni gruppo, con le sue peculiarità comportamentali, contribuisce alla biodiversità sociale del parco, un microhabitat di interazioni complesse e dinamiche.
Tra tutti , la mia attenzione è puntata su di lei, la dama dei piccioni. Con gesti delicati, fruga tra i rifiuti urbani, alla ricerca di briciole da offrire alle oche del parco, creature affamate. Cammina a piedi nudi, in armonia con la terra che la sostiene, emanando un'aura di rispetto e autorità. Un esercito di oche la segue, mentre una piuma maestosa adorna il suo capo, simbolo della sua connessione con il mondo naturale. Oh, come desidero essere lei.
Commenti
Posta un commento