22/04/24
Una notte che vale la pena raccontare, ma solo per il piacere sadico di rivivere il disastro.
Il buio pesto, interrotto solo dai lampi di un temporale furioso. Il vento ululava, la pioggia martellava come proiettili sulla carrozzeria, e poi un boato. Mi sveglio dal sonno profondo, perso, con gli occhi sbarrati, il corpo paralizzato, in balia degli eventi.
Un cervello troppo fritto per elaborare la furia del cielo che si scaglia contro la nostra dimora, impotente, per un tempo che sembra non finire mai.
Poi il silenzio, i sensi annebbiati; sto per cadere nel REM, gli occhi si chiudono, sperando di scivolare nei sogni. Ma un altro suono mi trascina indietro.
È indescrivibile, ma è un suono che non puoi ignorare, come la moka che annuncia il caffè, come il cellulare che vibra su un tavolo, come le campane che battono l'ora. Ma la vera domanda è: che rumore fa la merda che esce? L'immagine che mi viene è quella della panna spray, qualcosa che esce sibilando.
Non c'è bisogno di guardare, non c'è bisogno di ascoltare, lo so già: merda, merda e ancora merda, che sa di merda e puzza di merda... lì, fluida davanti a me. Axel, che il cielo ti prenda. E da quel momento in poi, solo Dio sa cosa ho passato.
Sveglio Chiara, e ancora con gli occhi incollati dal sonno, tentiamo di fare pulizia con quel poco che abbiamo. Ironia della sorte, siamo anche a corto d'acqua. Ma gli stronzi, si sa, galleggiano sempre in compagnia: la commedia non è ancora finita.
Chiara nota delle orme bagnate, ma acqua non ce n'era, o almeno non avrebbe dovuto esserci. Altre infiltrazioni? Abbiamo lasciato qualcosa aperto? Axel ha fatto il disastro con la sua ciotola? Macché. Il cane, che oggi non merita nemmeno di essere menzionato, ha deciso di trasformare la cabina di guida in un suo personale orinatoio. Ogni cosa è intrisa di piscio, ogni tappeto, ogni angolo. E mentre fuori diluvia, il cane deve uscire, così da poter fare una pulizia decente. Si bagna, puzza, e in un attimo sporcherà di nuovo tutto. Nel profondo, sappiamo già come andrà a finire la giornata.
Abbiamo ribaltato totalmente il camper, ripulito e disinfettato tutto, sigillato in buste il materiale contaminato.
Poi via, verso l'unico parcheggio con servizi nel raggio di chilometri. Il traffico ci ha inghiottiti, partiti con le stelle ancora in cielo e arrivati quando queste si erano già stancate di brillare. Piazzati, abbiamo ricominciato la pulizia da capo. La giornata è scivolata via.
Sfruttiamo gli ultimi istanti di questo pomeriggio per fare la spesa. Entro nel supermercato, e in un battito di ciglia, il carrello è sparito. E chi è il colpevole? Un gruppo di albanesi che mi lanciano occhiate di sfida, sorridendo. Non è questione di monete, i carrelli qua sono liberi, ma solo per la pigrizia di non voler uscire a prenderne uno, troppo coglioni per pensarci prima o semplicemente un pretesto per litigare e fare casino.
Finite le commissioni, noto che ha smesso di piovere. Decidiamo di sgranchirci a Vilafranca del Penedès, cercando di alleggerire il peso di questa giornata grigia. Cittadina industriale, brutta, sporca, case fatiscenti, gente rovinata dal lavoro in fabbrica.
Dopo migliaia di chilometri percorsi per sfuggire a questa realtà, ci ritroviamo immersi in essa come se non ci fossimo mai mossi. Ogni volta che vedo l'ombra dell'industria, è come se il tempo si riavvolgesse, portandomi indietro a quei giorni grigi, dove anch'io ero solo un altro volto senza speranza, intrappolato in un ciclo infinito di lavoro e casa, un lavoro che ti divora, ti umilia, ti soffoca.
Non voglio e non posso ritornare indietro. Ma d'altronde fa tutto parte del gioco, no?
Si dice che un battito di una farfalla può provocare effetti devastanti dall'altra parte del mondo; noi invece abbiamo uno sfintere che non è riuscito a trattenersi e siamo finiti qua, in una giornata che ha preso il colore della merda. Buone le meduse, Axel?
Il viaggio continua, ci vediamo domani alle 17 per un'altra puntata dal titolo: "IL SANGUE DEL DRAGO: TRA STORIA E LEGGENDA A TARRAGONA"
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