6/4/24
Sveglia all'alba, perchè il mondo non aspetta. Direzione Girona. Arriviamo in un'area sosta lontana dalla città, ma con tutti i servizi gratuti, che meraviglia. Il camper, quel vecchio baraccone, decide di fare i capricci: il display delle acque grigie è un enigma..pieno/vuoto/pieno/vuoto, non sa neanche lui come si sente. Dopo un po' di ginnastica sotto il veicolo, scopriamo un tubicino disertore. Fatica sprecata, perchè dopo una momentanea vittoria, il display torna a scherzare. "Tieni duro, vecchio mio", ma sembra avere altri piani. Ci penseremo piu avanti. Dopo varie faccende interne, finalmente, ci avventuriamo verso il centro, un piccolo gioiello urbano, giovane e vibrante. Ci ha affascinato tutto ciò che abbiamo intravisto all'imbrunire, così decidiamo di fermarci un paio di giorni per visitarla con calma, c'è qualcosa di magnetico qui.7/4/24
La sveglia suona e con essa il canto del cigno della nostra bombola del gas. È il momento di guardare in faccia la realtà affrontando anche questa sfida. Alla Repsol più vicina, niente ricariche, niente bombole nuove. La nostra bombola italiana è un'esiliata per ora. Ci dirigiamo verso altri lidi e qui ci accoglie Susanna, una ragazza sudamericana, ci salva con un contratto e una bombola fiammante. Parla con Chiara come se fossero vecchie amiche. Quando scopre che non siamo dei turisti toccata e fuga, le apre il cuore raccontandole la sua storia, dicendole che in quella città era emigrata tempo fa per cercare un futuro migliore e, nonostante un velato razzismo iniziale, ci si vive bene, "un lugar tranquilo" dice. Io, in disparte a fare il lavoro sporco, scopro che manca un pezzo, il "salida libre", e Chiara mi accusa di sordità cronica, date le innumerevoli volte che mi è stato ripetuto anche prima della partenza. Torniamo da Susy, ma invano, non possiedono il pezzo. Le ferreterie sono chiuse, è domenica, il giorno in cui anche Dio si riposa. Ci penseremo domani, niente di grave.
Ritornati al nostro rifugio di terra, abbiamo dato un’occhiata approfondita a questa città. Appena messo piede dentro, ci siamo scontrati con le case colorate lungo l’Onyar, ammassate come sardine contro le mura medievali. Un tempo, queste deliziose casette servivano da tana ai pescatori. Non proprio un capolavoro di bellezza, così qualcuno decise di ravvivarle con una spruzzata di colore in modo che, nei giorni di nebbia, un pescatore poteva almeno sperare di riconoscere la propria dimora senza finire a sbattere contro il muro del vicino. E, inoltre, perchè no, farle diventare anche un simbolo iconico della città. Chissà perché la propaganda turistica non l’ha ribattezzata la piccola Amsterdam. E poi c’è il buon vecchio Eiffel, che prima di giocare con la sua torre di ferro parigina, ha dato una rinfrescata al Ponte dei Vecchi Pescatori, che divide la città tra la parte vecchia e quella nuova.
Ci siamo trascinati verso il Call, il Quartiere Ebraico, che tutti dicono essere uno dei meglio conservati. Ci siamo smarriti tra saliscendi di vicoli e giardini che sembravano non finire mai, con qualche scorcio carino qua e là. Poi ci sono i Bagni Arabi, ma non ci siamo entrati, per via del perro, che ha la sola colpa di essere un quadrupede peloso vietato ovunque.Abbiamo poi puntato verso la Cattedrale, senza entrare perchè, per principio, non pago per entrare in un luogo di culto, ma abbiamo comunque calcato quelle famose scale monumentali, quelle che hanno fatto da sfondo a qualche scena de “Il Trono di Spade”.
Con il tramonto, ci siamo diretti su per le Mura Medievali, che regalano una vista panoramica affascinante sulla città. Un posto dove puoi vagare tra torrette e passaggi segreti che ti portano in giardini nascosti. Un bel posto per perdersi.
Arriva la sera, stanchi morti ci ritiriamo nella nostra baracca e prima di chiudere gli occhi mi sorprendo a pensare: "Potrei viverci".
Continua il viaggio: ci vediamo domani alle 17:00 per una nuova puntata dal titolo
"“Il Mistero del Nastro Americano:Generazioni a confronto"
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