Sveglia all’alba. Il sole spunta, colazione veloce. Non c’è tempo da perdere. La corsa lungo il Turia ci aspetta. Le nostre performance sono registrate, ci sentiamo come atleti olimpici. Axel, oggi, fatica a tenere il passo. Ma noi continuiamo, senza pietà.
Tornati , prendiamo le biciclette e ci dirigiamo verso il centro di Valencia. Attraversare il parco è un’esperienza surreale. Le ciclabili sono piene di gente, come un’autostrada in pieno traffico. Al centro, la folla diventa ingestibile. Pedaliamo a fatica, diventa quasi impossibile, cosi scendiamo e spingiamo le bici tra la folla.
Eccoci, all’arena dei tori, ci accoglie un ragazzino con lo smalto nero sulle unghie. Abbiamo preso i posti più economici, quelli piu' lontani dal centro arena. La nostra anima è macchiata per sempre. Non sapevamo cosa aspettarci, ma la realtà supera ogni immaginazione.
Ci sediamo, guardiamo gli spagnoli anziani con le bottiglie di vino e i sigari enormi. Le prime file sono loro, pronti a urlare il loro consenso o dissenso. Il resto di noi è solo turisti, incapaci di capire appieno questa tradizione controversa.
Il sole brucia, e l’arena emana un calore asfissiante. La banda inizia a scaldare il pubblico. Escono delle persone, i Toreros, che si preparano per l'incontro.
Il toro, un gigante nero con occhi di fuoco, esce dalla penombra della stalla. Ha assaporato la violenza, la paura, e ora la sua rabbia ribolle. Libero! La sua furia si riversa su tutto ciò che gli si para davanti.
I toreri si nascondono dietro le barricate di legno. La bestia si scaglia contro di loro, le corna taglienti fendono l’aria. I mantelli gialli e fucsia danzano, cercando di attirare la sua attenzione, lui corre, cerca di prendersi la sua vendetta.
Suonano le trombre, entrano i Picadores con le lance, a cavallo di destrieri bardati. Il toro caracolla verso di loro, la lancia si conficca nel suo collo. Il sangue sgorga, rallentandolo, la sua forza è ancora impressionante.
I cavalieri si ritirano, trombe: è il momento dei Banderilleros. Con arpioni di legno coperti di carta colorata, conficcarli significa aumentare il suo sanguinamento. Ormai allo stremo, la sua rabbia non si placa. Trombe.
Entra in scena il Matador. Con la muleta rossa, danza davanti ai suoi occhi. Lo provoca, lo umilia, e il pubblico tiene il fiato sospeso. Uno spettacolo macabro, una danza tra la vita e la morte. Il toro, in preda a un’atroce sofferenza, cerca ancora di combattere.
Ma quando il matador decide che il gioco è finito, tutto cambia. Con un gesto teatrale, conficca l’“estoque” tra le scapole dell’animale. Gli applausi concitati della folla si mescolano al grido finale del toro. La sua lingua penzola fuori, e le zampe si piegano verso l’alto, come nei cartoni animati, ma questa è la realtà crudele. Se il toro non muore subito, viene riempito di pugnalate.
Entrano uomini con cavalli, legano le zampe del toro e lo trascinano via. La scia di sangue viene coperta con sabbia, spazzata e pulita per una nuova mattanza.
E così, per due ore e mezza, assistiamo a questa crudeltà. Sei tori ammazzati, l'esibizione di tre matador, ognuno con i suoi momenti di gloria. Più si esponevano al pericolo, più erano acclamati. Il più bravo dei tre si è messo in ginocchio, schivando le cariche con piccole torsioni del busto e l’ausilio del mantello. Il più giovane, invece, non riusciva a infilzarlo con la spada. Ferendosi nell’estrarla, dovette fare molti tentativi per buttarlo giù. Il pubblico reagiva con fazzoletti, fischi, applausi e "olè".
Mentre cerchiamo di abbandonare l’arena, un gruppo di persone si è radunato, gli occhi fissi su qualcosa di orribile: ci avviciniamo e l’odore di sangue colpisce come un pugno allo stomaco. I tori giacciono lì, i loro corpi massicci e mutilati sollevati uno a uno da un muletto e gettati dentro un furgone. Il sangue macchia la terra, formando pozze nere e viscide. Distogliamo lo sguardo da questa atrocità.
Torniamo al nostro accampamento, affamati e stanchi. Raschiamo il fondo delle nostre provviste, cercando di trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Le parole si susseguono, frammenti di pensieri e opinioni sulla giornata appena trascorsa. Ma c'è un silenzio pesante tra noi. Ci chiediamo quale diritto abbiamo di infliggere tanto dolore a un essere vivente? Perché la tradizione, come un vecchio demone, continua a prevalere sulla compassione?
Sì, ci sono i numeri: 6000 eventi all’anno, 2000 corride. Turisti affollano le piazze e le città si arricchiscono con il sangue dei tori. Biglietti costosi, souvenir, cibo e bevande. L’industria della tauromachia prospera, nonostante il dissenso degli spagnoli.
Si, sopravvive grazie all’industria, l’economia che si nutre di sangue e tradizione.
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