19\05\24
Questa mattina siamo saliti a visitare le rovine del castello. Non è rimasto praticamente niente a parte alcuni pezzi di mura. E' situato sul punto piu' alto della città e la notte viene illuminato. Ci sono giusto due pannelli didattici che dicono "questo è l'ingresso" e "questo è un muro". Insomma, ne so quanto prima. Almeno puoi godere di una bella vista sul paesaggio circostante. Abbiamo anche visto dei ragazzi arrampicarsi su una parete di roccia. Questa zona offre molti punti per praticare l'arrampicata. Siamo stati li un po' a guardarli. Un sport affascinante.
Siamo scesi giù seguendo un sentiero che parte da una stradina secondaria del paese, per raggiungere il letto del fiume e seguire la direzione opposta del giorno prima, ma nel giro di 20 minuti ha iniziato a piovere. Chiara, sempre lei, perchè ha caldo la sciagurata, ha lasciato due oblò aperti, così siamo tornati di corsa e...un disastro, nemmeno una goccia è entrata! Abbiamo chiuso tutto e ci siamo barricati dentro perchè ha iniziato a diluviare tanto da non sentirci mentre parlavamo. Per consolarci, ci siamo fatti un bel brodino, perchè non importa se ci sono 40 gradi, quando piove è un dovere mangiare pastina! Quando ha smesso, rimaneva ancora un po' di tempo prima del buio, cosi abbiamo ritentato di seguire il percorso di prima ,abbiamo raggiunto il punto che vedevamo dall'alto, il "charco azul" e, in mezzo al lago, una piattaforma di legno che puoi raggiungere a piedi. Un posto che da senso di pace, eravamo soli e siamo rimasti sdraiati sulla piattaforma a sentire il canto degli uccelli e il rumore dell'acqua. Dopo il tramonto abbiamo intrapreso il ritorno, costeggiando il fiumiciattolo con diversi canneti. Axel si è puntato in mezzo alla strada per far conoscenza con alcuni rospi, li annusava con un misto di curiosità e scetticismo. Dovremmo approcciarci tra di noi come fanno gli animali, "annusandoci". Tornati a casa, ricomincia a piovere e il rumore delle gocce sulla carrozzeria ci dondola verso un sonno profondo. Domani ci aspettano altre avventure.
20\05\24
Questa mattina ci siamo messi in marcia verso Xativa. Perché? Non ne ho la minima idea. Chiara ha stilato una lista di posti da vedere tre mesi fa, quindi il mio unico compito è guidare e fidarmi di lei. Mi dice che c’è un castello da vedere. Parcheggiamo fuori dal centro, in un parcheggio a rotonda. Ci sono altri tre Hymer, tutti tedeschi, e da ognuno escono quattro persone. Sono un esercito. Apprezziamo la compagnia.
Prima di tutto, cerchiamo di capire dove siamo e cosa dobbiamo fare. Ci dirigiamo verso il centro storico, sapendo solo che la città è stata la culla della potente famiglia Borgia, che ha prodotto due papi. Durante il periodo islamico, gli arabi hanno introdotto la tecnologia per la produzione della carta. Qualche chiesa importante e delle piazzette carine. Niente di che. Ma tutte le indicazioni portano al castello. E cosi sia.
Un’ora di camminata in salita su una strada asfaltata in mezzo al bosco, tutti tornanti ripidi. Il fresco? Unica consolazione. Mia madre dice sempre: “Se trovi delle salite, poi troverai anche delle discese, abbi pazienza”. Ma chi ha tempo per la pazienza? Il panorama è bello: vista sulla città, le mura del castello che dominano la scena, grandi e imponenti. Due parti principali: il Castell Menor, epoca iberica e romana, e il Castell Major, medievale.
Dove eravamo e se fosse bello? Non lo sappiamo. Perché? Perché era chiuso. Ci rimane solo un’unica cosa da fare: bussare al portone e aspettare. Si dice che questo gesto onori gli spiriti dei prigionieri rinchiusi nel castello. Bussare al portone, un segno di rispetto, ed è un modo per chiedere il permesso di entrare, anche se non vuoi davvero farlo. Per un attimo ci abbiamo creduto. Ma solo per un attimo.
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