27\04\2024
Dopo aver finito le mie cose in santa pace, faccio retromarcia e sento urla strazianti. La consorte del francese si mette a strillare come se stessi per investirla, quando in realtà ci passava un camion tra noi due. Scena patetica.
Poi, il destino ci ha piazzati vicino a personaggi indimenticabili: una donna di mezza età che viveva in un furgoncino , ci siamo divertiti ad osservarla mentre si puliva i calli seduta su un "letto" buttato a terra, e un ragazzo con due furgoni che sembravano usciti da un film post-apocalittico, con un cane che abbaiava alla luna, senza mai una fine. Quel parcheggio era abitato principalmente dalla gente del posto. Pochi stranieri come noi.
Abbiamo vagato per il centro, un deserto urbano, con la sola caratteristica di avere un ponte che attraversa il fiume Ebre. Ci dirigiamo verso i campi, sperando di trovare il delta e da li iniziare una passeggiata verso il deserto de La Punta del Fangar. Ma niente, eravamo troppo distanti e intorno a noi solo risaie e fabbriche, un paesaggio che ci ricordava troppo la monotonia di casa. Così, ci siamo scazzati e tornati al nostro rifugio.
Stasera ci aspettano spaghetti e “I quattro dell’Ave Maria”, spaghetti western, un film che prima snobbavo ma ora, ho imparato ad apprezzare.
28\04\2024
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immagine presa dall'internet |
Un’alba crudele mi ha strappato dal letto. Dovevo sconfiggere la fila per lo scarico delle latrine, una gara contro il tempo e l’umanità. Ero quasi alla meta, quando ecco che si materializza il francese del giorno prima, con la sua scatola di merda traboccante. “Guarda questo,” penso, “il posto è preso e lui arriva, minaccioso, piantandosi davanti a me con quegli occhi fissi. E per cosa? Una faccenda che poteva aspettare, visto che aveva già svuotato ieri. Che stronzo.”
Dopo aver riempito il serbatoio, abbiamo spostato il camper. Non perché ci importasse, ma perché mentre io lasciavo il rubinetto a Mister Francia, un altro con il suo van è arrivato per fare la stessa identica danza. Per non iniziare la giornata sputando veleno, abbiamo deciso di riempire le taniche alla fontanella dell’area cani.
Poi, via da quel paese di bifolchi incestuosi. Dove l’unico incrocio permesso è tra parenti stretti.
Vinaros, una fermata per spezzare il viaggio verso il "chissà". Un parcheggio di terra e ghiaia, con vista sul mare. Abbiamo vagato senza meta; il cielo era un quadro confuso, sole e nuvole in lotta e il vento a fare da arbitro. Niente pioggia, solo promesse per fortuna vuote.
Vinaros: centro agricolo e industriale, situata sulla Costa del Azahar, 12km di spiagge, famosa anche per il suo porto di pesca attivo.
La passeggiata lungo il mare era un teatro di banalità. Le spiagge? Sporche, trascurate.
Il centro? Tre pietre che si spacciavano per rovine e un’arena per tori, testimoni di glorie passate e dimenticate. La cittadina? Un’ombra di anonimato.
L’unico spettacolo degno di nota, era alla spiaggia per cani. Due adolescenti in un abbraccio troppo intimo per essere pubblico, vestiti ma non troppo, in un’esibizione di affetto prematuro. E i punkabbestia, con più bestie che punk, a dimostrare che anche la ribellione può avere un guinzaglio.
La sera, il vicino di camper ha trasformato la strada pedonale in un’appendiabiti improvvisato, stendendo i suoi panni tra un albero e il suo veicolo. Giovane, ma non consapevole del rispetto per lo spazio altrui.
Il viaggio continua, ci vediamo domani alle 17 per un'altra puntata dal titolo: "DAL GRIGIORE DI VINAROS ALLA MAGIA DI MORELLA"
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