29\04\24
Siamo ancora a Vinaros, una giornata di pioggia incessante. Chiusi dentro, come bestie in gabbia, mentre fuori c'è solo desolazione. Nessun'anima viva, solo il rumore della pioggia che picchietta sul tetto come un incessante promemoria della nostra prigionia volontaria.
Usiamo il tempo per pianificare le prossime mosse. Informarsi, cercare di vendere qualche cianfrusaglia inutile, leggere libri, giochi da tavolo; un modo per ingannare il tempo che ci inganna.
In tarda serata, finalmente, il cielo si è stancato di piangere su di noi. Siamo scappati fuori come cani randagi, affamati di un mondo che non ci vuole. Due ore e mezza a vagare senza meta, a rivedere un centro che alla fine non ha nulla da offrire, a camminare su un lungomare che sa di sale e di sconfitta: statue di gamberoni giganti, graffiti di cantanti catalani, grandi quanto palazzine, negozietti aperti.
Vinaros, strana cittadina, non brutta, ma neanche bella. Hanno investito su dettagli come panchine in legno e lava piedi, rotonde con piastrelle che imitano Gaudi. Ma è solo trucco su un volto troppo vecchio, non nasconde i buchi tra un palazzo e l'altro, sembra quasi bombardata. Una facciata di civiltà su un corpo in rovina.
La sera, abbiamo visto "Chi ha incastrato Roger Rabbit", e in tarda serata, a pattinare per due ore, complicato ma inizia a piacerci.
Essere costretti a stare chiusi dentro per la maggior parte della giornata ti fa desiderare di spaccare il mondo quando esci. Ma il mondo è già abbastanza spaccato, e noi con lui.
30\04\2024
L'alba ci ha colto in fuga , verso Morella, un nome che echeggia nelle orecchie come un racconto oscuro di Poe. L'area camper ci ha accolto con il suo verde , servizi gratuiti che non ti aspetti, sotto l'ombra di un castello che di notte diventa un faro, guidando i perduti e gli insonni.
Abbiamo evitato i sentieri, quei serpenti di terra che si contorcono verso il paese, preferendo la strada diretta, inciampando nei resti di un passato che nessuno ha il tempo di ricordare. Un acquedotto, muto testimone di secoli andati, e delle mura.
Il paese si è aperto davanti a noi, un insieme di negozi di prodotti locali e ristorantini che non gridano al turista ma sussurrano promesse di autenticità. La casa del miele è stata una dolce sosta, un nettare così buono da riservarlo per le occasioni che contano, da gustare con parsimonia.
Mentre il tempo scorreva, abbiamo incontrato realtà diverse, ragazzi che vivono in un mondo a parte, e uno di loro ha sfidato Axel. Un momento sospeso, poi solo carezze e uno sguardo che parla più di mille parole.
La statua di un cavaliere ci ha catturato, un tributo di pietra a una leggenda che parla di un drago, di fuoco e di coraggio. Un'uomo che ha sfidato l'impossibile, e ora vive immortale in una città che non dimentica.
Il castello ci ha chiamato, e abbiamo scoperto che dopo le 16 l'ingresso diventa un dono. Axel, ci ha seguito tra le mura che raccontano di battaglie e prigionieri. Un'arena vuota, stanze spoglie con pannelli che tentano di riempire il silenzio con frammenti di storia.
Il giro si è concluso con il tramonto, e Morella ci ha lasciato con il ricordo di un castello che domina il tempo, di leggende che respirano tra le pietre, e di un miele che sa di terre lontane.
Il viaggio continua, ci vediamo domani alle 17 per un'altra puntata dal titolo:"KEBAB E GIGANTI, CHIRINGUITOS DISTANTI"
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