30\5\2024
Iniziare la giornata senza caffè è come un giorno senza sole. Un cliché, ma che diavolo, è vero.
Prima cosa, ci siamo messi in marcia alla ricerca di propano. Dopo un paio di telefonate, abbiamo trovato il nostro angelo custode del gas. Cambiata la bombola, tornati alla nostra piazzola.
Abbiamo ingurgitato la colazione, poi ci siamo diretti alla spiaggia dei cani, poco distante da noi, dieci minuti a piedi.
Era affollata, un vero manicomio a cielo aperto. I cani, liberi come i venti, erano un teatro per Axel, che non aveva mai visto tanta compagnia. Correvano come pazzi, inseguivano palline, si tuffavano in acqua. Ci siamo appostati in un angolo ombroso, perché non sapevamo come avrebbe reagito, essendo la sua prima volta. Non ho intenzione di correre come un pazzo e perdere la testa. In queste situazioni, non ti dà retta, nemmeno se urli come un dannato.
Tutti i cani della spiaggia, gli hanno praticamente fatto un esame rettale. Lui reagiva lanciando sabbia, direttamente su di me.
Alla fine, tutti e tre, come idioti, ci siamo fermati a guardare il caos. Axel, stranamente, è rimasto immobile, come una statua, a guardare i suoi simili, forse anche lui allibito della situazione.
Il caldo era soffocante, il mare era un minestrone di alghe, la mia repulsione per queste cose era palpabile. Axel, che di solito si tuffa in acqua come un delfino, oggi non voleva saperne. Insomma, a un certo punto, è diventato tutto insopportabile. Mentre ce ne andavamo, abbiamo guardato l’orologio e, senza rendercene conto, erano passate tre ore.
Abbiamo pulito come ossessionati. Sabbia e peli di cane ovunque. Ho provato a pettinare Axel, ma è stato come cercare di svuotare l’oceano con un secchiello. Quattro settimane di muta. Due settimane ancora da sopportare. Un incubo che non finisce mai.
Verso sera, decidiamo di fare una passeggiata. Abbiamo attraversato zone residenziali tutte uguali, con i loro prefabbricati e le loro catene di fast food. Un ristorante cinese a forma di tempio con spettacolo dal vivo. Il lungomare, un luogo piacevole per una passeggiata, pieno di scogli, nuove zone residenziali e russi. Persino i cartelli sono in russo. Siamo tornati tardi.
31\05\2024
Sveglia alle 6:30. con gli occhi ancora appiccicati dal sonno, ci siamo messi in marcia verso Cartagena, entrando ufficialmente nel territorio della Murcia.
Abbiamo parcheggiato allo stadio, un posto comodo e tranquillo, con una pista ciclabile, un campo da basket, una zona fitness e un parco. A soli 25 minuti a piedi dal centro, un tragitto che sembra un’eternità quando il sole ti cuoce come un pollo arrosto.
La nostra prima tappa è stata il Castillo de la Atalaya, un vecchio pezzo di roccia sulla cima del Monte Atalaya. Il forte era trascurato e libero. Abbiamo fatto un giro delle mura, godendo di una vista a 360 gradi della città.
Abbiamo trovato un punto per arrampicarci e salire proprio dentro la fortezza, cosi da poter visitare la parte superiore, composta da altre mura e da stanze enormi vuote. Almeno la vista era bella.
Le ore più calde del giorno sono arrivate, così abbiamo deciso di tornare a casa e aspettare. Verso sera visitiamo il centro storico.
La città, fondata da un tizio chiamato Asdrubale Il Bello, ci ha sorpreso, in positivo. C’era un teatro romano con entrata libera . Un giardinetto superiore con in cima il Castillo de la Concepción, che non abbiamo potuto visitare a causa del cane. Un peccato, sembrava un bel posto.
Gli uccelli erano ovunque. Oltre ai gabbiani, nostri vecchi amici, c’erano anche pavoni bellissimi appollaiati in punti strani e vari tipi di gallinacei liberi in giro.
Abbiamo trascorso il resto della serata vagando per la Calle Mayor, la via principale. Era piena di graffiti, sculture sparse ovunque, zone all’avanguardia con costruzioni strane e un centro carino.
Siamo andati anche al porto, dove, a quanto pare, è stato inventato il sottomarino. Ci siamo seduti a guardare il mare e quando la sera si è fatta più profonda, siamo tornati alla base.
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