8/05/24
L’alba si staglia sulle rive del Turia, e noi, con gli zaini sulle spalle e i polpacci duri come rocce, ci dirigiamo verso il parco. Il Giardino del Turia, un’opera di ingegneria e natura, si estende per oltre nove chilometri, costruito sull’antico letto del fiume deviato per evitare le inondazioni.
Qui, il Parque de Cabecera segna l’inizio di questa oasi urbana, e appena entriamo, il laghetto con barche a forma di cigno cattura l’attenzione di Axel, che si tuffa nell’acqua con gioia. A ovest, i cartelli indicano il Bioparc, uno zoo che ricrea gli ecosistemi africani. Poi, la Ciudad de las Artes y las Ciencias, un complesso culturale che abbraccia l’Oceanogràfic, il Museo delle Scienze e il Palau de les Arts. Tutto è magnifico, tranne i costi proibitivi che ci impediscono di esplorare tutto.
Il parco, un mondo a sé, sorge su un letto di fiume, eppure è molto più di un semplice spazio verde. Descriverlo è quasi impossibile; è un luogo ideale per un’intera comunità. Ponti storici e moderni, ben 18 in totale, collegano le anime di chi lo attraversa. L’auditorium, Palau de la Música, risuona costantemente di note e passi di danza, come se la musica stessa fosse l’anima del luogo. Ma la vera meraviglia? Un’area giochi geniale, ispirata a Jonathan Swift: una statua gigante di Gulliver, lunga 70 metri, che funge da scivolo. Qui, i bambini ridono e si lanciano giù per il gigante di metallo, mentre gli adulti, coraggiosi o forse un po’ folli, si rialzano con un sorriso ebete dopo ogni caduta.
Nel Jardí de les Hespèrides, ci si perde tra piante mediterranee, in un bosco di ombre e profumi. Ma non è solo questo. Era un luogo dove le passioni si intrecciavano, dove il sudore diventava preghiera e il respiro un inno alla vita.
Campi da basket e calcetto, atletica, baseball, rugby, hookey, parkour, una pista per lo skateboard. È come se l’architetto avesse mescolato tutte le discipline sportive del mondo e le avesse sparse come semi nel terreno arido. Le fontanelle zampillano acqua fresca, i servizi igienici sono impeccabili e le aree per cani offrono percorsi agility. Le panchine accolgono vecchietti che scambiano storie di vita, mentre i giovani fanno picnic sui prati verdi. Ma il cuore del parco sono le “strade”: pedonali, per chi vuole semplicemente passeggiare osservando il mondo; la pista rossa per la corsa fa logorare le scarpe e gonfiare i polpacci. Correre è una religione qui, e tutti partecipano. Il suono dei passi si mescola al canto degli uccellini, e ogni respiro diventa un mantra. Non sappiamo perché, ma anche a noi è venuta voglia di correre. Forrest Gump dentro di noi. E poi c’è il ciclismo. Salire in sella alla bicicletta significa entrare in un vortice di vento caldo e polvere. Le migliaia di biciclette sfrecciano accanto a te, e tu pedali come se fossi inseguito da un tornado. Lo proveremo.
La sera, quando il sole si nasconde, il Parco di Valencia si trasforma. Le ombre si allungano, e la stanchezza ci avvolge come una coperta. Il letto ci aspetta, ma il richiamo del parco è più forte. Forse è qui che inizia la nostra metamorfosi. Il prossimo obiettivo? Percorrerlo in bicicletta, vedere ogni angolo, ogni curva, fino alla Città della Scienza.
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