La notte scorsa non è stata proprio una notte di sonno. Era più un dormiveglia, un sonno leggero e incerto. Il letto è comodo, ci vorranno un paio di notti per abituarsi davvero. Cuca è stata con noi tutta la notte. Ci segue ovunque, tranquilla e affettuosa. È strano, ma i cani degli altri sembrano più nostri che dei loro proprietari. Forse stiamo diventando gattari in versione canina.
Intimiditi, entriamo in casa. Lui è al lavoro e noi ci ritroviamo con l’abuela e i figlioletti che fanno colazione. Ci sediamo a tavola, il disagio è palpabile. Non sappiamo dove sono le cose, cosa mangiare, non vogliamo metterci a rovistare nella cucina davanti a loro.
All’inizio, lei non sembrava molto ospitale. Ci ha detto che quella non è casa sua, era lì solo per guardare i bambini. Ci dice che è impossibile che lui non ci abbia detto niente su cosa fare, eccetera. Le abbiamo spiegato a modo nostro la situazione e, dopo un po’, ci è venuta incontro. Un passo alla volta, grazie al suo aiuto, siamo riusciti almeno a mettere insieme una colazione.
I bambini disegnano e colorano, persi nei loro giochi educativi. Niente telefoni, niente televisione. Solo orari prestabiliti per guardare video sul pc, documentari, cartoni educativi, musica. Un' educazione alla Montessori. Interagiamo con loro, giocando, interessandoci alla loro fantasia e creatività. Ci raccontano storie inventate, e con dei libri ci insegnano i nomi degli animali. Sono pieni di vita e di immaginazione.
Alla fine anche Abuela si scioglie. Si interessa a noi, ci bombarda di domande. Il dialogo scorre, lei sembra più rilassata. Passiamo una mattinata interessante, divertendoci e imparando insieme ai bambini, che sono più intelligenti di noi.
Il pranzo è volato. Lei ha preso il comando della cucina, mentre noi ci aggiravamo senza sapere dove mettere le mani. Almeno ci siamo offerti di pulire i piatti e sistemare, mentre lei ci raccontava storie della casa.
Ci ha portato al pollaio, mostrandoci come dare da mangiare alle galline e raccogliere le uova. Poi ci ha detto che al confine della loro proprietà, oltre il muro di canneti, c’è un fiume. Si raggiunge in pochi minuti, basta trovare un passaggio nascosto, un tunnel segreto che porta all’isola che non c’è.
Decidiamo di andare con Axel, e Cuca ci segue come un’ombra fedele. Troviamo il passaggio e arriviamo al letto del fiume, quasi in secca. Il paesaggio intorno è quello tipico delle zone di fiume, ma basta allontanarsi un po’ e ritorna l’aridità, con solo fincas e animali sparsi qua e là.
Facciamo poche centinaia di metri e troviamo un punto dove l’acqua è abbondante e profonda, perfetta per far nuotare Axel. Ormai niente lo ferma più, sta lì a fissarti con quegli occhi pieni di stupidità, aspettando che lanci qualsiasi cosa per poterla recuperare a nuoto.
Una volta ritornati, F arriva dal lavoro, stanco ma con un sorriso. Inizia a spiegarci un sacco di cose, facendoci fare un giro della proprietà. Ci indica tutte le piante, sparando una sfilza di nomi, una mitragliatrice botanica. Noi ci crogioliamo nella nostra ignoranza e ascoltiamo affascinati, come bambini che scoprono un mondo nuovo.
Mentre camminiamo, F stacca un ciuffo d’erba e ci dice “cicuta, Socrate”, un avvertimento. Velenosa, causa morte. È pieno di piante e alberi ovunque: noci pecan, canne da zucchero, ogni tipo di erba aromatica, aranci, mandarini, limoni, ulivi, uva, fichi, more, pere. Un orto gigantesco, con verdure di ogni tipo e piante floreali per contribuire alla biodiversità e all’ecosistema. Lo seguiamo come discepoli, cercando di assorbire ogni parola, ogni dettaglio.
La nostra missione? Recuperare l’orto, strappando via tutta la “mala hierba”, la graminia, dichiarando guerra contro la natura. Poi pianteremo nuovi ortaggi, sperando che il terreno ci ricompensi con un buon raccolto. Dovremo anche controllare tutti i tubi di irrigazione, sia dell’orto che degli alberi, si ostruiscono facilmente . Un lavoro ingrato, ma necessario. Lavoreremo dalle 7 alle 11, le ore più fresche, il caldo picchia forte, e solo a stare fermi si suda come in una sauna.
Finiamo il tour mostrandoci il bagno a secco: due contenitori che ingoiano tutto, pagliuzza che assorbe e si trasforma in qualcosa di utile, buttato nel compost. Se vuoi godere della natura e riflettere mentre fai i tuoi bisogni, questo è il luogo ideale. Nel giardino superiore invece c'è un’amaca, la casa sull’albero dei bambini e una capanna che diventa sauna d’inverno, come quelle dei paesi del nord.
Lui, con le mani sporche di terra, si aggira tra le sue piante come un re nel suo regno. Ogni frutto, ogni verdura, è un trofeo. Prende un pomodoro, lo guarda con occhi affamati e lo morde con una passione che non si vede spesso. Il succo gli cola sul mento, ma non gli importa. È felice, dannatamente felice.
Ci porta a vedere i suoi cactus. “Ciniglia,” dice, indicando una patina bianca che copre le piante. “Se non la togli, la pianta muore.” Tocca quella roba bianca e le dita si tingono di rosso. “Usano questo colore nella cosmetica,” aggiunge con un sorriso stanco.
La cena è pronta. Tutto crudo, tutto dall’orto, tutto frutto della sua passione. Anche l’olio, fatto in casa. Sembra poco, ma riempie. E nella sua semplicità, possiamo confessare che sono gli ortaggi più buoni che abbiamo mai mangiato. Le gallette di riso o mais sostituiscono il pane. Il grano è troppo trattato, quindi lo hanno eliminato dalla dieta.
Giochiamo ancora con i bambini, che ad una certa ora, quando la stanchezza li fa delirare, mostrano la loro “tonteria”, la nostra stupidera. Così li porta a letto. Noi invece ci salutiamo poco dopo, promettendoci di rivederci domani mattina presto per lavorare. Ci ritroviamo nella nostra capanna mongola, contenti ed entusiasti, parlando a raffica. Questo è il vero spirito del wwoofing.
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