11/06/2024
Arriviamo a Granada quando il buio ha già inghiottito tutto. Troviamo un parcheggio fuori città, in una zona residenziale, davanti a quelli che sembrano dormitori per studenti. Il parcheggio è un disastro, pieno di spazzatura e vecchi elettrodomestici abbandonati. Siamo solo noi e qualche macchina solitaria. Dopo aver girato un po’, ci rassegniamo a questo posto, il male minore. Le recensioni non sono poi così male. Facciamo un giro e la zona sembra tranquilla. Siamo a 35 minuti a piedi dal centro. Ci spostiamo verso la città, è tardi, ma vogliamo comunque vederla e approfittiamo per fare una passeggiata. Passiamo per le zone "importanti", senza soffermarci. Il centro è un casino totale, la gente si riversa per le strade la sera, scappando dal caldo soffocante del giorno. Saliamo verso l’Albaicín, un vecchio quartiere arabo che ha iniziato a prendere forma durante la dinastia Zirid, quando i musulmani si sono stabiliti a Granada. Il nome, dicono, potrebbe venire dall’arabo “al-bayyāzīn”, che significa “borgo dei falconieri”. Davanti a noi si apre un quartiere collinare, con viuzze strette e case bianche. Ci sono piccoli mirador, il più famoso è il Mirador de San Nicolás, che offre una vista spettacolare sull’Alhambra e sulla Sierra Nevada, ma è difficile godersela con tutti quei turisti che si accalcano per scattare la foto perfetta. I cortili sono pieni di fiori, cisterne e pozzi ovunque. Tutte le moschee sono state distrutte durante la conquista dei Re Cattolici, tranne una, molto bella, dove ti viene spiegata tramite pannelli informativi tutta la filosofia del Corano e della religione musulmana.
Questo posto, il cuore pulsante della cultura gitana e del flamenco, è ormai un circo turistico. I locali sono pieni di spettacoli, ma tutto è così lucido e patinato che sembra una farsa e l’effetto è ben lontano da quello che ti aspetteresti dalla cultura gitana. La solita merda commerciale. Certo, i locali sono gestiti da gente del posto e i ballerini sono davvero bravi, ma le orde di pullman e taxi rovinano l’atmosfera. È già tardi, torniamo alla base, con la promessa che domani approfondiremo la visita, perché la città sembra promettere bene.
12\06\2024
La giornata inizia con una colazione semplice e il desiderio di esplorare l’Alhambra e il Generalife.
L’Alhambra, chiamata “al-Hamrā” dagli arabi, con le sue mura rosse coperte di poesie e citazioni del Corano, era il paradiso terrestre dei musulmani. Tutto progettato con una precisione maniacale: piastrelle simmetriche, stanze che seguono schemi matematici, cortili centrali. Un monumento alla grandezza di Allah. Sei palazzi, bagni, torri e un sistema di irrigazione chiamato “acequias”.
Ma tutto ciò che è bello ha una fine e i Re Cattolici conquistarono Granada, trasformando l’Alhambra nel Palazzo Reale.
Il Generalife, invece, era la residenza estiva dei sultani Nasridi, un rifugio dalla vita di corte. Un nome poetico, “Giardino dell’Architetto”, lussureggiante, con fontane e piscine, tutto per dimenticare la polvere e il sudore della vita quotidiana. Il complesso include anche un teatro all’aperto per spettacoli di flamenco.
Decidiamo di visitare l'interno la sera, per evitare il caldo e lasciare Axel nel camper senza che si sciolga come un gelato al sole. Nonostante il prezzo salato decidiamo che ne vale la pena. Carichi di entusiasmo, proviamo a fare i biglietti, ma è tutto esaurito fino al mese successivo. Che ingenui. Pensavamo di poter prenotare all’ultimo minuto per un sito Patrimonio Unesco, in piena stagione turistica. Si vede che non siamo abituati.
Delusi e amareggiati, ci prepariamo per il tour della città. Mentre aspettiamo di attraversare la strada, una coppia di mezza età ci chiede se possono accarezzare il cane. Certo, perché no? Axel, felice come una pasqua, si spalma addosso a loro, leccando le loro facce come se fossero gelati. Non contento, si fa fare i grattini sulla pancia e sulla schiena per dieci minuti buoni. I signori erano al settimo cielo, e noi, con il nostro spagnolo improvvisato, proviamo a fare qualche battuta. Sembravano belle persone, solari e genuine.
Il centro storico di Granada: un centro nel centro, con la Puerta de Elvira che ti accoglie come un vecchio buttafuori stanco, in passato erano le mura difensive della città.
Entriamo e ci troviamo davanti la Cattedrale, imponente e massiccia, gotica e rinascimentale. L’interno? Una delusione, come sempre.
Poi c’è l’Alcaicería, l’antico mercato della seta. Un labirinto di vie strette piene di negozi che vendono artigianato, souvenir e spezie. Tutto in stile arabo, pieno di colori.
Stanchi morti, facciamo un giro veloce attraverso la Plaza Nueva, la piazza più antica di Granada. Ora piena di ristoranti turistici e negozi con le solite cianfrusaglie. Ci sediamo su una panchina a osservare la fauna locale. Poco dopo, un signore tossico/barbone si siede vicino a noi e ci chiede soldi per l’acqua. Non capiamo subito perché sbiascica, così chiede a un suo “collega” di tradurre in inglese. Che professionista. Dopo questa scena, ce ne torniamo alla base, consapevoli che domani sarà l’ultimo giro di questa città. Bella, sì, ma pur sempre una città.
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