Sabato, finalmente. Il giorno libero. Ci svegliamo a fatica. Axel deve uscire e noi lo seguiamo come zombie. Arriva la colazione, quella famosa, abbondante: tortilla de patatas, pane tostato con burro e marmellata, pomodoro schiacciato con 20 litri di olio e aglio. Che buono! Mangiamo solo una banana e un caffè.
Chiara non sta bene, forse un’influenza in arrivo. Lo dice a L, che le propone del “ginger”, un rimedio miracoloso. Lei accetta, aspettandosi dello zenzero, e invece si ritrova a bere un superalcolico. Meno male che è infermiera. Ci chiede se vogliamo comunque andare a Durcal con loro… ovviamente no. Finalmente soli, pranziamo e poi ci dedichiamo alla scrittura sul pc. Fuori fa caldo, troppo caldo per uscire a camminare.
Verso sera, quando Chiara sta meglio, decidiamo di prendere le biciclette e farci una piccola escursione. Qui vicino ci dovrebbe essere il Rio Verde.
Le bici sono pronte e il trasportino di Axel è sistemato, il suo peggior incubo. Speriamo di abituarlo, altrimenti lo venderemo, perché è solo un altro peso inutile da portare sul camper. Facciamo il primo tratto di strada, ma è tutto in discesa, talmente ripida da frenare a fatica, troppo pericoloso. Ci sono quei due cani liberi che ci inseguono su una strada trafficata. Tutti quelli che passano ci guardano come se fossimo noi i colpevoli di quei cani in mezzo alla strada. Dovrebbe essere illegale, dovrebbero mettere un dannato cancello e recintare per evitare che i cani scappino. Ma qui ognuno fa quello che vuole.
Torniamo indietro, decidiamo di fare il solito percorso verso il mirador, con una deviazione che dovrebbe portarci a valle. Incappiamo in una discesa ripida e mal messa. Leghiamo le biciclette a un albero e proseguiamo a piedi, un percorso sali e scendi nella foresta. Suggestivo, solo vento e i respiri affannati dei cani come colonna sonora.
Nel tragitto, ci rendiamo conto di essere circondati da piante aromatiche selvagge. Ci perdiamo ad annusare e riconoscere le piante, raccogliendo rosmarino, timo e salvia. E pensiamo, perché no? Potremmo conservarli per fare profumi o seccarli.
Il percorso sembra non portare a niente. Nessuna destinazione, nessun cartello. Proseguiamo finché non diventa troppo tardi e ritorniamo al rifugio con molta fatica. Chiara inizia di nuovo a stare male. Arrivati all’entrata della finca, vediamo tre persone che ci fissano. Uno di loro arriva dall’interno della casa. Ci avviciniamo con cautela e il tizio ci chiede se ci sono L e H. Vado a controllare, ma non sono ancora rientrati. Avvisati, restano lì fuori. Entriamo per sistemare le bici sul camper, quando all’improvviso li vediamo entrare. Il tizio si avvicina di nuovo e dice che ha chiamato L, arriveranno a breve. Nel frattempo, si fanno un giro di tutto il giardino e dentro casa, come se fosse un parco pubblico. Una cosa assurda e inquietante. Se avessero fatto una cosa del genere a casa mia, sarei impazzito. Ma questi sono tutti strani. Chiunque passi di lì può entrare in casa loro indisturbato.
Rientriamo, ci chiudiamo in camera e ce ne freghiamo altamente. Affari loro. Dopo dieci minuti, eccoli tutti e cinque in cucina, a fare casino e a divorare tapas. Noi restiamo nel nostro angolo, senza la minima intenzione di uscire. Si sente parlare, musica a tutto volume e ignoranza fino a notte fonda. Io ho fame, e quando finalmente tutto tace, esco in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare.
Un panino veloce, con quel che resta della dispensa. Lo appoggio un attimo sul tavolo e Axel decide di saltare e mangiarselo. Sono furioso e me la prendo con lui, ne preparo un altro e quando vado per pulire i piatti, la scoperta: hanno chiuso l’acqua. Non possiamo né pulire né lavarci. Questo fatto segna la definitiva fine di questa esperienza. Abbiamo deciso che domani ce ne andiamo. Nel frattempo, a Chiara sale la febbre.
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