3\06\24
Axel ha deciso di stabilire un nuovo record personale oggi: quattro volte ha lasciato il suo segno sul mondo, superando il rapporto standard tra dimensioni del cane e quantità di escrementi. Ero lì, davanti a quei bidoni, con i sacchetti di merda in mano, cercando di distinguere quello giusto. Poi, come se fosse sceso dall’Olimpo, un vecchio fumatore in canottiera mi ha fischiato, mimando il gesto di aprire il bidone con il piede. Ho seguito il suo tutorial non richiesto e ho gettato la merda, ringraziandolo con un cenno della mano. Senza di lui, sarei ancora lì fuori.
Il vecchio, il famigerato numero 34, è una sorta di leggenda urbana tra i viaggiatori, quello che succhia corrente come un vampiro e non ne cede una goccia. Sembrava gonfiarsi tutto per aver impartito saggezza a un giovane ignorante. Con la coda dell’occhio, ho notato il suo camper, il covo del tirchio. E lì, il cavo di corrente che si stendeva fino alla colonnina.
Aveva appena lavato la sua unica camicia a fiori, quella che probabilmente indossa raramente, perché il giorno prima lo avevo visto in giro in mutande, a gettare la spazzatura. Ah, la bellezza dell’età avanzata, dove la dignità è un optional e la vergogna un lusso che non ci si può permettere.
Arrivo in Andalusia, terra di avventure aride e scenari da western. La nostra prima missione? Trovare un cavallo, rapinare una diligenza e nasconderci in un canyon per bere whisky e goderci il bottino. Siamo a Carboneras, un pittoresco pueblo blanco, dove la vita scorre lenta come nel sud. Le signore chiacchierano davanti alle porte aperte, i bambini giocano a calcio per strada, vecchi che si scontrano in una guerra di carte - scene dimenticate dall’infanzia.
Il paese, con i suoi sguardi fissi e la spiaggia deserta, conserva l’anima di un piccolo borgo nonostante le recenti palazzine che svettano sul promontorio. Abbiamo esplorato il luogo, strade strette, ristoranti e locali. La spiaggia è un deserto di sabbia, vuota. Possiamo lasciare Axel libero di correre e giocare con l’acqua . E' ancora presto per la stagione, la maggior parte delle attività sul lungomare sono chiuse. Apprezziamo le docce funzionanti sulla spiaggia e i sacchetti per il cane donati dal comune. Non sarà il paradiso, ma la solitudine è un lusso raro da trovare.
Al centro del paese, una fortezza si erge tra giardini di cactus e palme, con un ponticello che attraversa piccole piscine. Un’oasi verde in mezzo all’aridità, un piccolo tentativo di addomesticare il selvaggio west. Abbiamo parcheggiato a 50 metri dal mare, soli, con solo il rumore delle onde arrabbiate che ci cullano nel sonno.
4\06\24
L’impresa di oggi è conquistare la Torre Del Rayo. Questa sentinella di pietra, un vecchio avamposto di avvistamento, un baluardo contro le incursioni dei pirati berbereschi, un occhio vigile sulla costa. Il suo nome, un omaggio alla forza della natura, è un ricordo dei danni inflitti da un fulmine. Ora solo un monolito solitario su un promontorio chiamato Puntazo del Rayo, tra la spiaggia del Algarrobico e Carboneras. Questo è il palcoscenico della nostra avventura.
Per raggiungerlo, abbiamo camminato lungo una statale in mezzo alla strada, contando solo due macchine che passavano. Davanti a noi, un paesaggio arido, selvaggio.
Arrivati in uno spiazzo, c’era solo un van parcheggiato e noi. La spiaggia era un ammasso di terra, rocce e sassi. Abbiamo liberato Axel, che ha deciso di sfidare le onde. Ma oggi, per sua sfortuna, il mare era agitato. Correva da ogni parte, cercando di prendere prima una onda poi l’altra, finendo sempre travolto, bagnato fino all’osso, Era stanco, proprio come noi nel vederlo rotolare sulla sabbia, sapendo che avremmo dovuto pulire tutto nel camper.
Abbiamo seguito la costa, cercando il sentiero per la torre. Ad un certo punto, abbiamo trovato Playa De La Galera, un angolo di paradiso hippie in mezzo al nulla.
Cumuli di rocce e legna formavano un accesso al mare. Hanno creato spazi e corridoi con pietre, creando forme d’arte con legni e pezzi di corda trovati in spiaggia. C’erano testimonianze di tante persone, storie che si sono unite con quel luogo. Ognuno ha lasciato il segno del suo passaggio, lasciando un messaggio sulle pietre o creando una piccola scultura.
Anche noi, ovviamente, abbiamo lasciato il nostro cumulo di pietre in ricordo. Peccato che non avevamo niente per scrivere. Il sentiero prosegue fino alla salita alla torre. Fattibile, ma l’arsura si fa sentire e la gola diventa asciutta ogni due passi. Tutto diventa più faticoso, ma con un po’ di pazienza, siamo arrivati.
La torre si presenta bene; abbiamo visitato tante torri in Sardegna, ma questa, oh questa, è stata ristrutturata. Permette di entrare al suo interno, salendo delle scale in ferro ripide come la pendenza di una montagna insormontabile. Ho fatto salire Axel, il piccolo guerriero, che ha affrontato la salita con coraggio, ma la discesa… ah, la discesa era un’altra storia. Abbiamo provato a fargli fare un pezzetto , ma quelle scale erano come un pendio scivoloso.
Così, abbiamo deciso di salire a turni. Axel non l’ha presa bene, si è offeso. All’interno c’era un camino e nella parte superiore, la visuale completa di tutta la costa.
Ci siamo fermati un po’ all’ombra, con il vento fresco che ci arrivava in faccia. E poi è iniziato il ritorno, lento e tranquillo sotto al sole, con la fiatella di Axel che faceva da colonna sonora.
Abbiamo concluso la giornata con una passeggiata sotto il cielo stellato. Il firmamento ci ha offerto un meraviglioso tappeto di stelle luminose, e noi, come spettatori incantati, ci siamo seduti sulla riva del mare per goderci questo magnifico spettacolo. Ovviamente, prima di questo momento “poetico”, abbiamo saccheggiato la città , accumulando sacchetti per il cane. Non sono mai abbastanza.
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