Attraversiamo l'entroterra, lasciandoci alle spalle il litorale frastagliato. Davanti a noi, il nulla cosmico. Verde ovunque, pianure dorate che si estendono all’infinito, colline coperte di vigneti. Paesini bianchi, città di marmo e borghi medievali, minuscoli, con due vie e poche anime. Qualche pascolo qua e là. Ma soprattutto, distese di querce da sughero, che dominano il paesaggio. Querce longeve e robuste, capaci di vivere fino a 200 anni. La raccolta del sughero è un lavoro antico. Ogni nove anni, si stacca il sughero. Questo va a finire nei tappi delle bottiglie di vino, nei pavimenti, negli isolanti e in qualche oggetto di design. L’Alentejo è uno dei grandi produttori mondiali di sughero. La gente qui vive di questo. Questo è un luogo per chi cerca pace e solitudine, lontano dal mondo.
Arriviamo in città. Parcheggiamo nell’area camper, gratuita, con doppi servizi. Un lusso! La zona è piena di francesi, spagnoli e qualche portoghese.
Évora, una delle città medievali meglio conservate del Portogallo. Fondata dai Romani, è stata un crocevia di commerci e fede nel Medioevo. I re del Portogallo la scelsero come residenza, e la città crebbe. Nel 1986, l’UNESCO riconobbe il valore del suo centro storico. Entriamo attraverso la porta delle mura antiche, sentendo il peso della storia sotto i nostri passi.
Il primo monumento che vogliamo vedere è il Tempio Romano, chiamato Tempio di Diana, simbolo della città e uno dei meglio conservati della penisola iberica. Sta lì, al centro di una piazza, vicino a una terrazza da cui puoi vedere tutta la città. Perfettamente intatto, maestoso, quasi copre tutto il resto. Le strade della città sono medievali, un labirinto di ciottoli che ti portano alla Cattedrale, la Sè, così imponente che ci vogliono 5 minuti solo per girarci intorno. Le bandiere della spedizione di Vasco da Gama, furono benedette qui. Troviamo tutto sbarrato. Camminiamo ancora. Dalla Cattedrale parte una strada che ci porta a Praça do Giraldo, la piazza principale. Ristoranti, trappole per turisti, negozi di cianfrusaglie. Un tempo, qui bruciavano le vittime dell’Inquisizione. La chiesa de Santo Antão e il Chafariz, una fontana di marmo, ci intrattengono con una processione religiosa. La madonna esce, accompagnata dalla voce malinconica di una donna che canta e suona il fado. Axel si annoia e inizia ad abbaiare. È il segnale che ce ne dobbiamo andare.
Siamo davanti alla Capela dos Ossos, indecisi se entrare. Una cappella costruita dai frati francescani, con pareti decorate di ossa umane . C’è un’aura di mistero. La leggenda dice che l’hanno costruita per ricordarci che la vita è breve e che dobbiamo riflettere sulla nostra mortalità. Alcuni dicono che chi non rispetta il luogo può incorrere in una maledizione.
L’Acquedotto dell’Acqua de Prata, l’ultima fermata, è un vecchio acquedotto costruito per portare acqua in città, progettato dallo stesso tizio che ha fatto la torre di Belém a Lisbona. Ora è un sentiero di 8.5 chilometri. Incontriamo un ragazzo con un cane. Parla un miscuglio di inglese e portoghese, chiacchierando sui cani. Chiara cerca di rispondere, fare conversazione. Io sorrido e annuisco, come se capissi.
Il giorno dopo, è stata un’altra giornata a vagare per il centro storico.. Bella cittadina, ma non vale il viaggio da sola. Verso sera, senza gas, abbiamo cercato propano, invano. Dopo vari tentativi siamo finiti in un negozio autorizzato Repsol, dove ci hanno spiegato che il modello arancione spagnolo, hanno smesso di produrlo da un paio d’anni. Dovevamo prendere un altro modello rosso, da molti più chili e adattare gli attacchi. Per comodità, siccome non resteremo molto qui, abbiamo preso quella al butano, anche se sconsigliata. Ora ci godiamo l’odore della combustione.
Ci dirigiamo poi verso la costa. Arriviamo a Sesimbra, precisamente all’Aldi di Sesimbra, un punto di partenza poco ideale per esplorare la città, ma uno dei pochi accessibili con il nostro ingombro. Ci dirigiamo a piedi verso il centro, in discesa, attraversando la Serra da Arrábida, un parco naturale tra montagna e mare. Arriviamo all’inizio del paese e, attraverso curve tortuose, raggiungiamo il mare. Sesimbra, una cittadina balneare, un tempo paese di pescatori, famosa per la pesca del pesce spada. Un castello moresco domina la città dall’alto, conquistato dal primo re del Portogallo. In una piccola città di pescatori, dove il mare è tanto amico quanto nemico, c’è una vecchia storia che si raccontava spesso nei bar e sulle banchine. Parla di “Nossa Senhora da Boa Viagem”: secoli fa, un gruppo di pescatori si trovò in mezzo a una tempesta infernale. Le onde erano mostri e i venti urlavano come demoni. Sembrava che il mare volesse inghiottirli. Disperati, i pescatori, pregarono per un miracolo, invocando la Vergine Maria. E poi, come in un sogno , una luce brillante squarciò il cielo. Tra le nuvole, apparve una donna vestita di bianco, con un manto azzurro. Era Nostra Signora del Buon Viaggio. La sua presenza calmò le acque e i venti, permettendo ai pescatori di tornare a casa, increduli e vivi. Da quel giorno, è diventata la patrona dei pescatori di Sesimbra. Ogni anno, durante una festa, la statua della Madonna viene portata su una barca decorata, seguita da una flotta di pescherecci.
Il Castello di Sesimbra, che non abbiamo potuto visitare a causa del nostro dolce e amato Axel, è abbastanza carino da fuori, ed è anche pieno di leggende. C’è quella della Dama Bianca: ai tempi dei mori, una giovane nobile si innamorò di un cavaliere cristiano. Il loro amore era proibito. Decisero di fuggire insieme, ma furono scoperti. La giovane fu imprigionata nel castello. Si dice che il suo spirito ancora vaghi per le mura, apparendo come una figura bianca nelle notti di luna piena.
Vicino al castello c’è una fonte miracolosa. La gente del posto crede che l’acqua possa guarire ogni malattia. Dicono che sia stata benedetta da un santo nel Medioevo. Un dono divino.
Il resto del paese è un lungomare con ristorantini, locali, hotel e case. Un tranquillo paese sul mare. Al ritorno, abbiamo percorso di nuovo la strada nel parco naturale. Vedere il paese dall’alto era suggestivo, soprattutto da uno dei punti panoramici più belli, il “Miradouro do Portinho da Arrábida”. C’è un’altalena lì, e la vista sulla baia e sulle montagne circostanti è mozzafiato. Al tramonto, diventa ancora più magico.
Domani, ci dirigiamo verso il capoluogo. LISBONA, aspettaci, stiamo arrivando.
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