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11-12/09/2024 NEL CAOS DI LISBONA

11.09.2024

Il parcheggio ad Almada è un pezzo di terra battuta e sporca, incastrato tra il porto e i palazzoni popolari. Un cartello dice che i camper non sono ammessi. I pompieri gestiscono il posto e ci sono già un sacco di autocaravane parcheggiate lì. Non ci sono alternative, decidiamo di restare. Le recensioni sono buone, non ci sono furti e nessuno parla di multe. Chiediamo al vicino di camper che conferma.

Compriamo tre biglietti per il traghetto, uno anche per Axel. Attraversiamo il fiume Tago. Lisbona ci accoglie con la tipica fauna da grande città. Camminiamo per le strade strette e ripide, con Axel che tira il guinzaglio e noi che cerchiamo di non perderci. È un labirinto di colori e di suoni, una città che racconta storie a ogni passo.
L’Arco di Rua Augusta è un ingresso trionfale che accoglie chiunque voglia esplorare il centro. Celebra la rinascita della città dopo il terremoto, un simbolo di resilienza e speranza. Le piazze sono come piccoli mondi a sé stanti, e le strade principali, come Avenida da Liberdade, sono un mix di eleganza e vivacità. Questo viale, ispirato agli Champs-Élysées di Parigi, è fiancheggiato da alberi ombrosi e negozi di lusso. Ma basta girare l’angolo per trovarsi di fronte a una funicolare antica che trasporta i passeggeri su e giù per una ripida collina.
L’Alfama è un labirinto di vicoli stretti e tortuosi. Le case sono vecchie, con le facciate decorate da azulejos, panni stesi ad asciugare tra una finestra e l’altra, e gatti sonnacchiosi che si aggirano pigramente tra le strade acciottolate. È un quartiere che ha visto tutto, dai Mori che lo fondarono ai pescatori che lo abitavano. È il cuore pulsante di Lisbona. Sopravvissuto al devastante terremoto del 1755, che aveva raso al suolo gran parte della città, è rimasto in piedi. Un caos architettonico, un intrico di salite e discese. Ogni angolo nasconde una sorpresa: un piccolo ristorante dove si può mangiare a basso costo, una chiesa antica o un negozietto che vende ginjinha.
Il fado non è nato lì, ma l’ha adottato come un figlio ribelle. Nei piccoli locali, le taverne buie e fumose, le note della chitarra portoghese accompagnano voci che cantano di amori perduti e sogni infranti. È una musica che parla al cuore, che racconta storie di vita vissuta, di dolore e speranza.
Il Castello di São Jorge si erge maestoso sulla collina, dominando la città con la sua imponente presenza. La leggenda più affascinante è quella del crociato Martim Moniz. Durante l’assedio, notò che una delle porte del castello era rimasta aperta. Senza esitazione, sacrificò la sua vita bloccando la porta con il suo corpo, permettendo così ai cristiani di entrare e conquistare il castello. Questo atto di eroismo è commemorato con una piazza che porta il suo nome.
Nel cuore della città, c’è un vecchio ascensore di ferro, l’Elevador de Santa Justa. Costruito tra il 1898 e il 1901, è un pezzo di storia, progettato da un tipo che aveva studiato con Eiffel, quello della torre famosa. Alto 45 metri, collega la Rua de Santa Justa con il Largo do Carmo. All’inizio funzionava a vapore, ma nel 1907 hanno deciso di passare all’elettricità. Le cabine sono fatte di legno e ottone, con decorazioni gotiche. Possono ospitare fino a 29 persone, tutte stipate come sardine. Ogni piano ha i suoi dettagli. E dalla terrazza in cima, puoi vedere tutta Lisbona stendersi sotto di te.
La Cattedrale, Sé de Lisboa, costruita sulle rovine di una moschea, è un miscuglio di stili architettonici. Ha visto passare crociati e re, come Afonso I, che la volle erigere dopo aver cacciato i Mori. Dentro, l’aria è fredda e umida, e l’odore di cera e incenso riempie le navate. Le decorazioni barocche brillano sotto la luce fioca delle candele.
I graffiti sono un capitolo a parte. La città è un museo a cielo aperto, artisti locali e internazionali lasciano il loro segno, volti scolpiti sui muri raccontano storie di persone comuni e di eroi dimenticati. Rifiuti trasformati in opere d’arte danno nuova vita a ciò che è stato scartato. Murales celebrano la cultura del fado e la vita quotidiana.
La strada che costeggia il fiume Tago è affascinante. Qui, il Ponte 25 de Abril si staglia contro il cielo, unendo le due sponde della città e ricordando la rivoluzione. Le acque del fiume riflettono i colori del tramonto, creando un’atmosfera magica.
La Torre di Belém e il Monastero di Jerónimos, sono troppo lontani per essere rivisitati. I ricordi della visita fatta in passato sono ancora freschi. La giornata passa in fretta, come sempre accade quando si è immersi in qualcosa di bello.
Mi rendo conto di tralasciare molte cose che abbiamo visto, come la libreria più antica del mondo, la via rosa con gli ombrellini, i famosi tram gialli e le pastel de nata autentiche che non abbiamo mangiato. Eppure, Lisbona ha ancora tanto da offrire. È una città che sa di mare e di terra, di passato e di futuro. Domani sarà la volta del Cristo, quella parte della città che ancora manca all’appello. Chissà cosa riserverà quella visita.

12.09.2024

La notte passa tranquilla, nonostante tutto. Parcheggiamo tra una roulotte e una macchina che sembra un magazzino ambulante. Vestiti, borse, bottiglie d’acqua, tutto ammassato fino a toccare il tettuccio. Il sedile posteriore è un materasso improvvisato. Una macchina normalissima, niente di speciale.
Ci chiediamo chi possa vivere in quel caos. La risposta arriva di notte, senza bisogno di vederli in faccia. Fanno un casino incredibile, rumori che riempiono l’aria per gran parte della notte. Ma alla fine, tutto si calma. Osservare le persone è il più grande spettacolo del mondo. Basta spostare leggermente la tendina e godersi lo show.
Io e Chiara stiamo facendo colazione. La nostra finestrella dà sul parcheggio, un pezzo di terra battuta. Due ragazzi, un lui e una lei, i proprietari della macchina. Lui è infilato dentro, con il cofano aperto, sdraiato. Lei, in costume e sandali, si sta facendo una doccia improvvisata a un metro dalla nostra finestra. Usa una bottiglia d’acqua, versandosi il liquido freddo addosso, dallo shampoo allo sfregarsi il corpo. Intrattenimento con colazione. Lei finisce, e poi tocca a lui. Si scambiano la bottiglia.
Almada, dopo averla girata, ci rendiamo conto che, tutto sommato, non è poi così male. Facciamo una sosta per prendere una scheda prepagata portoghese. In ogni paese è sempre la stessa storia: per avere internet devi usare i loro operatori, non c’è altra soluzione.
Con la connessione sistemata, ci dirigiamo verso il Cristo Rei, l’imponente statua che domina la città. Sotto di essa, un parco con un mirador offre una vista mozzafiato su Lisbona. È solo quando ti avvicini e ti trovi sotto la statua che capisci quanto sia grande. Con le braccia aperte, sembra voler abbracciare tutta Lisbona. La statua è stata costruita negli anni '50, come ringraziamento per aver risparmiato il Portogallo dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Alta 28 metri, poggia su un piedistallo di 75 metri, rendendola visibile da ogni angolo della città. La piattaforma panoramica a 82 metri d’altezza offre una vista mozzafiato, ma io preferisco restare con i piedi per terra.
Osservo il Ponte 25 de Abril. Quel colosso di ferro rosso, sospeso sopra il Tago, sembra un fratello minore del Golden Gate di San Francisco. Non è una coincidenza: lo stesso ingegnere ha messo mano a entrambi i progetti. Il ponte è stato inaugurato nel 1966, e da allora ha visto passare milioni di auto e treni. Con i suoi 2.277 metri di lunghezza, penso a tutti quei lavoratori che hanno perso la vita durante la costruzione, almeno venti, molto più di quanto rivelato all’epoca. Un ronzio costante di macchine che passano. La vista è spettacolare. Ammiriamo il panorama a turni, perché non possiamo entrare con Axel. Uno di noi deve sempre restare con lui, anche se si tratta di un semplice parco. Un parco dove non puoi portare il tuo cane.
La metà della giornata è già andata, ma c’è una soddisfazione strana nel rivedere la città da un’altra prospettiva. Decidiamo di usare il tempo rimanente per spostarci. Cascais ci chiama con la sua Boca do Inferno, una conformazione rocciosa che sembra promettere qualcosa di diverso. Ma prima dobbiamo superare il ponte, l’unico modo per raggiungere l’altra parte. Paghiamo il pedaggio e ci infiliamo in un pezzo di autostrada.
Il traffico è un inferno. Cascais, è un caos di strade bloccate e gente ovunque. Ci rifiutiamo di continuare. Guidano come pazzi, tutti di fretta e incazzati. Non troveremo mai un posto. La voglia ci passa. Abbandoniamo anche l’idea di Sintra. Non vogliamo rovinare il ricordo di quel viaggio passato ancora nelle nostre menti. 
Puntiamo verso un’area camper a Mafra. La troviamo, un parcheggio enorme, tranquillo, con camper ovunque e una vista sul palazzo. Dobbiamo solo fare due passi e ce lo troviamo di fronte. Facciamo un giro veloce. Il vento è forte e freddo, rende tutto insopportabile. Ma ormai è tardi. Decidiamo che domani ci prenderemo tutto il tempo per visitare la città.

PS: la nostra amata Nikon ha smesso di funzionare. Addio foto meravigliose.
Se qualcuno sa come metterci le mani, ci contatti! 

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