T era una di quelle donne che sembravano avere tutto sotto controllo, almeno in superficie. Intelligente, con una parlantina che poteva incantare chiunque, furba come una volpe e con un ego grande quanto il cielo. Ma sotto quella facciata, c’era una vittima di se stessa. Un tempo, forse, era piena di passione per ciò che faceva, ma ora era schiava dell’alcool, che aveva preso possesso di tutto ciò che la rendeva una persona interessante. Quando era "sana", ci spiegava cose utili, da cui sicuramente prenderemo spunto e abbiamo appreso anche delle nozioni che non sapevamo.
Ma purtroppo ogni sera, come un orologio svizzero, alle 17 in punto, afferrava quella maledetta bottiglia di vino bianco scadente, il più economico che potesse trovare. Iniziava, poi, il suo infinito monologo di follia, lamentandosi di quanto fosse stanca, di quanto fosse difficile gestire tutto: la madre, la casa, il lavoro, i clienti, i volontari. Tutto troppo. E forse aveva ragione. Sarebbe stato difficile per chiunque gestire tutto da solo, da lucido, figuriamoci da ubriaco.
Il vero problema, però, era la sua procrastinazione. Sapeva di avere le consegne ogni mercoledì, ma ogni martedì notte stava sveglia fino alle 4 per sistemare tutto. Aveva un esercito di giovani ad aiutarla, ma niente era mai pronto fino all’ultimo minuto. Non era in grado di organizzare il lavoro degli altri e tanto meno il suo, secondo il nostro parere, in base a quello che abbiamo visto.
Nonostante tutto, non riusciva ad arrivare a fine mese. Aveva solo pochi euro sul conto, come ci ha raccontato (dettaglio che avrei evitato di dire a degli sconosciuti). Eppure, aveva casa e terreno di proprietà, non pagava le utenze grazie a una storia contorta di anni e anni fa, e l’acqua veniva dal buon caro e vecchio Rio. La madre prendeva tre pensioni, avendo lavorato in tre Stati diversi. Non aveva dipendenti, solo un ragazzo che veniva una volta a settimana per poche ore. Le uniche spese erano le tasse, la partita IVA, il cibo, e, naturalmente, le bottiglie di vino e le sigarette.
T non era cattiva, anzi, era stata, tutto sommato, gentile con noi. Però ogni gesto di generosità veniva accompagnato da un rinfaccio, un modo per farti sentire in debito. Era una maestra del vittimismo spicciolo, capace di farti sentire colpevole per ogni cosa che ricevevi. Un giorno era alle stelle, l’altro sotto terra. Un passo avanti e uno indietro, come una danza senza fine. Si atteggiava a guru, esperta di ogni argomento, pronta a dispensare consigli non richiesti con la certezza di avere sempre ragione. E gli altri? Non capivano un cazzo, ovviamente.
"La cena", tutti insieme, una volta a settimana, era un rituale che si portava dietro da anni. Nessuno le aveva chieste, ma lei insisteva senza averne però davvero voglia. Tre cene, interminabili come i pranzi di Natale con parenti che vedi una volta all’anno. Si sceglieva una portata e ci si ritrovava tutti nella sua cucina. Lei dava ordini, parlava senza sosta, beveva e fumava. Chi non aiutava a cucinare, finiva a pulire le pentole come punizione. Quelle cene duravano ore e ore, tra chiacchiere, fumo e vino scadente. T parlava, parlava, un flusso continuo di parole che riempiva la stanza e svuotava le nostre energie, finché l’alcool non le faceva sbiascicare le parole e la sonnolenza non la prendeva. Noi mangiavamo in silenzio, ricordandoci di ridere alle sue battute per tenerla buona. Il vino, ovviamente, era per lei e sua madre. Potevi avere mezzo bicchiere all’inizio, ma se vedeva che ne bevevi più del dovuto, afferrava la bottiglia e se la metteva vicino ai piedi, borbottando che non doveva dare da bere "a todo el mundo".
Il suo aspetto diceva tanto di lei: in tre settimane, non l’avevamo mai vista senza quella schifosa canottiera bianca slabbrata con macchie e quei leggins neri. La casa, rifletteva la sua decadenza. Ragnatele ovunque, ragni enormi, nidi di vespe nei libri, strati di polvere mai pulita da anni, cianfrusaglie ammassate con ecosistemi di insetti sopra. Ogni cosa che toccavamo doveva essere lavata prima di essere usata: stoviglie, bicchieri, pentole. Ogni santa volta.
La casa dei volontari era altrettanto pietosa. Un’intera famiglia di topi vagava per il tetto indisturbata. Il mobilio era rovinato, le padelle e gli utensili inutilizzabili. Le brandine dei ragazzi sembravano vecchie di quarant’anni. Tutto era sbagliato dall’inizio alla fine. Quando le facevamo notare la situazione, la colpa ricadeva su di "noi tutti". Diceva che non pulivamo abbastanza, detto dalla regina del pulito. Le abbiamo chiesto tante volte di venire a vedere la situazione e mettere dei turni per le pulizie. Non si è mai degnata di scendere al "nostro livello".
In queste tre settimane ne abbiamo viste tante, ma il giorno peggiore rimane il pranzo con i suoi “amici”. Una coppia, amici di vecchia data, e la vicina di casa. Scene imbarazzanti, tristi e patetiche come non ne vedevamo da tempo: sono arrivati con granchi e vino, due convenevoli e poi si sono piazzati in piscina tutto il giorno. Lei, da sola, a cucinare e pulire. Praticamente erano lì solo per mangiare e bere. A metà pranzo, che è durato letteralmente tutto il giorno, erano già tutti ubriachi marci. Con tutto quel vino in corpo, hanno tirato fuori il meglio di loro, litigando per cavolate, nascondendosi il vino a vicenda, facendosi smorfie come bambini. Nessun rispetto l’uno per l’altro.
Alla fine, se ne sono andati barcollando, con baci e abbracci finti.
In conclusione, questa esperienza è stata un uragano di alti e bassi. Abbiamo visto cose che avremmo preferito evitare e altre che ci porteremo sempre nel cuore. Abbiamo imparato cosa fare e cosa non fare. Abbiamo incontrato persone da ricordare e altre da dimenticare. Questa, per ora, è la nostra ultima esperienza wwoofing in Spagna. La strada chiama, il Portogallo ci aspetta con nuove avventure, luoghi da scoprire, altri da ritrovare e persone da conoscere. Dopo tre mesi in Andalusia, abbiamo capito che vivere in questa terra significa provare sentimenti contrastanti ogni giorno: o ami incondizionatamente o vuoi scappare via, ma con la consapevolezza che rimarrà per sempre nella nostra anima.
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