15\07\2024
Il giorno della partenza è arrivato. Caricato il camper, salutato Cuca, guardati intorno per l’ultima volta. Il motore ruggisce, la polvere si alza. La finca diventa un ricordo, un altro capitolo chiuso. La vita continua, la strada chiama. Il punto dove il portamoto toccava lo abbiamo schivato passando di lato. Davanti a me, rami e piante urtano la carrozzeria. Chiara mi guida, dandomi indicazioni da fuori.
Ci passiamo a filo, con i canali d’acqua ai lati che sembrano volerci inghiottire. Arriviamo a un punto critico, dove la ruota gira a vuoto, senza attrito. Ogni tentativo di salire è un piccolo fallimento. Con molta pazienza e tranquillità, dopo vari tentativi, ci ritroviamo finalmente sulla strada principale.
Abbiamo percorso un’ora e mezza di strada, tra tornanti che si snodavano come serpenti. Gli scorci mozzafiato si aprivano davanti a noi, semplici e potenti. Arriviamo a Ronda, parcheggiamo di fronte a un parchetto, in una posizione che domina il paesaggio. Siamo su un altopiano a strapiombo, la città divisa in due dal profondo canyon del fiume Guadalevín. La vista è chiara, netta, come una ferita aperta nella terra. Una volta sistemati, ci dirigiamo verso il centro. I mirador offrono vedute spettacolari. Attraversiamo un parco e vediamo le statue di scrittori famosi come Hemingway e Orson Welles, omaggiati per il tempo trascorso in città e per averla citata nelle loro opere. Camminiamo tra queste statue, sentendo la presenza di quei grandi uomini, come se fossero ancora lì, a osservare il panorama e a trovare ispirazione nelle stesse vedute che ora ammiriamo noi.
Eccoci qua, di fronte al simbolo della città, il Ponte Nuevo. Un ponte ad arco che sovrasta il burrone di El Tajo, profondo e imponente. Non posso non pensare al romanzo “Per chi suona la campana”. Hemingway descrive vividamente le esecuzioni dei fascisti da parte dei contadini durante la guerra civile spagnola. I prigionieri venivano gettati dal ponte nel burrone sottostante, una forma di esecuzione crudele e definitiva. La scena è chiara nella mia mente, come se fossi lì, a osservare il tragico spettacolo. Il ponte, maestoso, lo osserviamo da ogni angolazione, cercando di catturare la sua essenza. I sentieri ci guidano verso il basso, invitandoci a scoprire i segreti nascosti della gola. Esploriamo la zona, sempre più giù, fino a quando non ci troviamo di fronte al fiume. L’acqua scorre lenta, indifferente a tutto. E lì, all’interno della gola, una cascata. Il rumore dell’acqua che cade è come un ruggito lontano, un eco della natura.
Il caldo soffocante e i gradoni ci fanno sudare mentre risaliamo. Facciamo un giro per tutto il pueblo, osservando i cavalli nei maneggi e le antiche mura. Notiamo delle ferrate che permettono di salire sulla roccia nuda.
La sera cala in fretta. Ormai buio, facciamo un giro veloce del centro storico, intravedendo i monumenti principali. Domani li rivedremo con calma, tra cui l’arena dei tori, menzionata nel libro per la sua bellezza aspra e la cultura radicata della corrida.
Ritorniamo al parcheggio, quel posto maledetto sempre pieno di gente. Ragazzi che urlano, famiglie che chiacchierano fino a tardi. Devi abituarti di nuovo alla sicurezza, al rumore incessante, al fatto che dormiamo in strada. Non puoi mai dare niente per scontato, mai abbassare la guardia. Anche Axel è agitato stasera, nel suo angolino, cerca di dormire. La sua fiatella ci accompagna dolcemente verso il sonno.
16/07/2024
La normalità: Axel, si piazza sempre nel punto esatto dove devi andare, con l’abilità innata di essere sempre tra i piedi, il letto che ti spezza la schiena se osi muoverti, il caldo che ti soffoca e l’ansia costante di essere derubati. Riceviamo un messaggio da F. augurandoci buona fortuna per i nostri progetti e di rimanere in contatto. Il parcheggio, parte del tessuto urbano, la vita scorre con la sua fauna variegata. Personaggi di ogni tipo si affaccendano, sudano, camminano veloci sotto il sole cocente. Tra loro, un tizio con il cappellino, già intravisto un paio di volte ieri, ha il suo da fare, tra parlare da solo e camminare a scatti avanti e indietro per il parco. Oggi, una donna arriva agitata, bussando sul camper. Penso, vedendola ansimare, che si senta male e abbia bisogno d’acqua. La sua agitazione è palpabile, il respiro affannoso, e il sole implacabile non fa che aumentare la tensione del momento. Farfuglia parole sconnesse, con una collanina stretta nella mano tremante. Chiede soldi, disperata, dice che deve comprare il latte per suo figlio. Chiara le porge un cartone di latte, ma la donna rifiuta; le serve quello in polvere. Chiara mi guarda, e nei suoi occhi leggo la consapevolezza di essere ingannati. I suoi movimenti sono frenetici. Alla fine, con un sospiro di rassegnazione, allungo la mano e le do un euro. Non appena la moneta tocca la sua mano, sparisce, correndo verso un camper parcheggiato lì vicino. Bussa nervosamente alla porta, ma nessuno risponde. La sentiamo imprecare, la sua voce stridula nell’aria calda. So di essere stato preso per il culo. Spero di aver contribuito a qualche dipendenza e di aver reso la giornata più sopportabile alla “signora”. Sopratutto spero che non esista nessun figlio e che sia solo un’invenzione per questa commedia.
Siamo di nuovo in giro per Ronda, alla scoperta di ogni angolo. I bagni arabi, "i meglio conservati di tutta la Spagna", ci attirano. Decidiamo di entrare, curiosi dei costi e se il nostro cane è ammesso.
Con coraggio, provo a parlare in spagnolo. Sono fiero di ciò che ho imparato vivendo tra la gente del posto. Ma la donna alla biglietteria mi ferma subito. Mi chiede se sono italiano e poi, con un sorriso, inizia a parlare un italiano perfetto. Axel, con il suo sguardo innocente, conquista la guardiana che ci sussurra di tornare alle 15 per la visita gratuita. Aspettiamo fuori, seduti su una panchina e alle tre precise, siamo dentro.
La prima sala è semplice. Un video mostra la ricostruzione del bagno arabo. Una ruota, trainata da muli, pesca l’acqua dal ruscello. Secchi si riempiono e svuotano, portando l’acqua in un deposito. Lì, una caldaia, sorvegliata da un uomo, tiene acceso il fuoco. Il vapore si insinua sotto il pavimento, attraversa le stanze, riscaldando l’ambiente. Un sistema ingegnoso, simile alle terme romane.
Ci lasciamo avvolgere dalla spiegazione, mentre Axel, ignaro di tutto, scodinzola felice.
Era un posto importante, non solo per lavarsi, ma anche come spazio sociale. Un momento di purificazione prima di entrare nella moschea. Il resto della visita, non era niente di speciale. Le stanze erano ben conservate, ma mancava l’emozione. Mentre uscivamo, la signora si avvicina per salutare Axel. L’unica, finora, che ha capito il riferimento ad Axel Rose.
Più avanti, ci imbattiamo nella casa del Rey Moro. Una dimora storica con una scala segreta che porta al fiume. Poteva essere interessante, ma il costo è alto e i cani non sono ammessi.
La Plaza de Toros ci accoglie, una delle arene più antiche della Spagna. Qui, Pedro Romero, uno dei toreri più importanti, ha reso celebre il suo nome, tra sangue e sabbia.
Scopriamo che Ronda era famosa per i suoi banditi, i “bandoleros”. La posizione isolata la rendeva un rifugio ideale per i fuorilegge, visti come eroi popolari. Rubavano ai ricchi per dare ai poveri.
Il resto della città è un susseguirsi di piazzette e chiese. Noi vaghiamo tutto il giorno, curiosando. Un negozio di musica ci attira. Chiara fantastica su una chitarra, i prezzi sono accessibili. Ma dice di aspettare, ci sono cose più urgenti adesso. Davanti a un negozio di spezie e tè orientali, mi sono fissato su un pensiero: prima o poi mi comprerò una tazza per il mate, con la sua cannuccia in metallo e, ovviamente, il mate. Riempi l’apposita tazza d’acqua bollente, aggiungi l’erba mate e un po’ di miele. Continui a versare acqua fino a che non ne vuoi più. Non contiene teina, ma caffeina.
Ronda è una bella cittadina. Rimaniamo in giro fino a tardi, l’abbiamo vista tutta. Domani mattina ci aspetta un’altra tappa. Passeremo l’ultima notte nel nostro parcheggio.
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