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23-24/07/2024 UN PAZZO TRA LE DUNE

23.07.2024

In un mondo dove tutto è toccata e fuga, trovare un posto dove fermarsi per più di un paio di giorni è come trovare un diamante in mezzo al carbone. Ci sono luoghi che ti catturano, senza bisogno di parole, e ti trattengono più a lungo.

Oggi pianifichiamo le prossime tappe, ma gran parte del tempo lo passiamo a passeggiare lungo la spiaggia. Il caldo è intenso, ma il vento lo rende sopportabile, quasi piacevole. La sera è il momento più bello, quando il sole si avvicina all’orizzonte e il cielo si tinge di colori caldi. Axel ha trovato in questo luogo un paradiso. Corre libero, esplorando ogni angolo, felice di farsi i fatti suoi.
Qui, in questo tratto, il turismo non ha ancora lasciato il suo segno indelebile, e le spiagge rimangono intatte, come se il mondo moderno non le avesse mai sfiorate.
La sera, mentre il sole si tuffa nell’orizzonte, la sabbia compatta si riempie di piccoli buchi. Quando la notte cala, la spiaggia prende vita. Granchietti con le loro chele scintillanti emergono dai loro nascondigli, correndo freneticamente sulla sabbia. Noi li inseguiamo, sperando che ci portino da qualche parte.  Le ultime ore della giornata le passiamo nel centro, stranamente poco affollato, e questo lo rende ancora più piacevole. Ci aspettano altri posti come questo, tra dune di sabbia e mare. Questo pezzo di costa è davvero un gioiello, da vivere e da ricordare.

24.07.2024

Addio, Tarifa, ci mancherai, ma il viaggio deve continuare. Cerchiamo di raggiungere quel punto che vedevamo dalla spiaggia, dove i surfisti si radunano come falene attorno a una luce e le dune si ergono come giganti silenziosi. Valdevaqueros, a dieci minuti di macchina da noi.
Il parcheggio? Un disastro. Sbarre ovunque, altezza massima 2.10. I pochi posti dove possiamo entrare sono a pagamento e, naturalmente, tutti pieni. Troviamo un punto a bordo strada, ci stiamo a pelo, in mezzo ad altri camper. Non ci sono cartelli di divieto, ma chi lo sa se è consentito. Ci proviamo lo stesso, almeno per vedere le dune. Mal che vada, ci sposteremo.
In questo periodo tutto diventa difficile. La gente è in ferie e questi posti sono fatti per spremere il turista fino all’ultimo centesimo. Con il camper è ancora peggio. Vuoi stare qui? Vai in campeggio e paga. Nei dintorni tutto è privato e proibito.
Ci fermiamo un attimo nel camper, osservando se ci sono controlli. Tutto sembra tranquillo, così andiamo in spiaggia. Davanti a noi si ergono dune enormi, alte anche trenta metri e spiagge infinite di sabbia finissima. Il nostro parco giochi personale.
Saliamo sulle dune. Sembra di stare nel deserto. Axel, libero, corre felice , anche lui a volte fa fatica a salire. Da qui, puoi raggiungere Punta Paloma a piedi, l’ultimo tratto attraverso un sentiero che si addentra in un boschetto.
Arriviamo in spiaggia, piccolina, ma suggestiva. Ci fermiamo un po’ a goderci il mare e il paesaggio. Tornando, ci fermiamo sotto degli alberi, cercando un po’ di fresco. Il caldo si fa sentire.
Iniziamo per gioco a seppellire la coda di Axel. Lui sta fermo, sembra provare sollievo. Così ci parte l’ignoranza brutta: una manciata di sabbia qui, una là, e il cane è sepolto vivo nella sabbia. Rimane fuori solo la testa. Mentre lo facciamo, lui chiude gli occhi, ha colpi di sonno e a tratti dorme beato, una cosa brutta da vedere, ma noi ci siamo divertiti un mondo. Fatte le foto di rito per poi ridere come idioti.
La magia si spezza in un secondo, una scrollata e torna come nuovo, libero! Torniamo indietro, dopo aver visto il tramonto, diventa tardi, tutto a posto, niente multa, niente problemi. Alcuni posti si sono liberati, così proviamo a vedere se possiamo dormire lì, cercando una posizione migliore, la pendenza è considerevole.
Nel frattempo, vediamo un inglese che cerca di uscire dalla sabbia, il suo mezzo ingolfato nel punto più sabbioso. Un signore da un altro camper esce per aiutarlo, anche se l’inglese non capisce e a malapena lo ascolta, forse preso dal panico. Comunque niente che un pezzo di legno non possa risolvere. Dopo una buona mezz’ora di tentativi, finalmente ce l’hanno fatta.
Ci incamminiamo verso il fondo del parcheggio, quando un tipo da un camper ci ferma: “Volete un mojito?”, ci chiede, con un sorriso, rispondiamo di no. Lui ci guarda, sorride ancora più largo e dice: “Italiani, eh?”. Qui inizia il disastro. Un uomo sulla quarantina, del sud Italia, cresciuto a Quarto Oggiaro, ormai in Spagna da 25 anni, con il suo camper malridotto e vecchio. Da solo. Se questa è la verità non lo sapremo mai, rifilava una marea di cazzate con un fare da pagliaccio. Aveva un carrettino da portare in spiaggia, con tutto il necessario per fare cocktail, la sua fonte di reddito.
Il camper, visto così, sembrava non muoversi da anni. Ci viveva dentro. Siamo rimasti bloccati lì, senza sapere né come né perché, a sentire il suo monologo di follia per un'ora. Per prima cosa, si è fatto leccare una ferita da Axel "per disinfettarla". Oltre a darci consigli non richiesti sull'addestramento.
Non contento, cercava di far accoppiare il cane con una cagnolina di due ragazze poco lontane, solo per il gusto di rompere i coglioni alle due, che stavano nel loro van a farsi i fatti loro. Provava in continuazione a slegare Axel dalla pettorina, con Chiara che continuava a dirgli di smetterla, ma lui niente. La motivazione? I cani devono essere liberi, avrebbe voluto vederci a noi tirati da un guinzaglio.
Abbiamo deciso di chiuderla qui, questo è un coglione, ma voleva per forza mostrarci il suo dannato camper. Cantava, parlava, diceva cose senza senso su vari argomenti e su se stesso.
Lo schifo è arrivato quando ha iniziato a prendere confidenza, toccando Chiara sul braccio e sul collo, dicendole che la sentiva tesa. Non ci ho visto più. Alziamo i tacchi e ce ne andiamo. Il tipo era sicuramente ubriaco, in ogni caso una testa di cazzo. Gente di merda. Dovevamo restare lì, ma con quel buzzurro quasi affianco non ci sto. Ce ne andiamo via, troviamo un posto non molto distante, tranquillo, senza personaggi simili. Per fortuna la serata si conclude tranquillamente nel silenzio di un parcheggio. 
Io e Chiara, ancora scioccati da quello che è successo, parliamo di quel tipo, uscito da chissà quale fogna dimenticata da Dio. Ci chiediamo perché attiriamo sempre questi parassiti. Forse ci vedono come due idioti da fregare, o magari siamo solo troppo educati per mandarli subito a quel paese. O Forse è solo l’arte della manipolazione, quella che permette a questi scrocconi di vivere sulle spalle dei più deboli e fragili. Un’arte che, a quanto pare, gli ha permesso di galleggiare per 25 anni, facendo il buffone e probabilmente senza lavorare un solo giorno in vita sua.


 

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