30\08\2024
Portimão. Che dire. Siamo rimasti lì meno di un’ora, poi ce ne siamo andati. Parcheggio Lidl, pieno di senzatetto. Non davano fastidio, consumavano solo la colazione con birra e sigaretta per iniziare bene la giornata. La situazione generale era pessima.
Il centro sembrava un campo di battaglia, un cantiere con strade scoperchiate e polvere ovunque. Degradato, abbandonato, fatiscente. Le poche attività erano kebabbari, cinesi e barbieri pakistani. Un quadro perfetto di un’umanità alla deriva, pieno di barboni in ogni angolo.
Il colpo di grazia: un buco nel cemento tra case abbandonate, creato dalla demolizione di qualche edificio. Un telo e una gruppo di persone di etnia indefinita, ammassate lì dentro. Ci vedono e iniziano a fischiare e fare versi, come un branco di scimmie. E' stato troppo. Vaffanculo Portimão, ce ne andiamo. Un buco di posto, dove anche i topi si suicidano per la disperazione. Le pareti scrostate sembrano piangere muffa e i divani puzzano di vite fallite. Un inferno in terra, dove l’unica via d’uscita è non entrarci mai. "Tipo Busto Arsizio", cit.
Ci sarebbe piaciuto vedere Praia da Rocha, una spiaggia con una roccia staccatasi dalla falesia, ma decidiamo di saltare. Ci troviamo a Lagos. Non ricordavo di esserci già stato, ma il nome era familiare. I ricordi iniziano a riaffiorare quando, girando per le vie, mi imbatto in una statua orribile e nelle mura della città con la porta d’ingresso e una specie di lapide gigante con su scritto “Lagos”.
Come paese è carino. C’è tutta la parte del porto, fondamentale nei tempi passati. Lagos ospitava uno dei primi mercati di schiavi in Europa, legato al commercio transatlantico degli schiavi. Non proprio una bella pubblicità per il posto, ma d'altronde la storia dovrebbe insegnare.
La passeggiata sul lungomare è carina, piena di bancarelle con i soliti prodotti “handmade”, peccato siano sempre tutti uguali. Dopo aver girato per le vie caratteristiche del centro, ci fermiamo nella piazza principale ad ascoltare un tipo scalzo con l’abbronzatura da sandalo sui piedi che suona la chitarra e canta. Intorno a lui, una combriccola di barboni e ubriaconi. Uno di loro, il suo fan numero uno, ballava intorno a lui come un matto, fingendo di suonare una chitarra invisibile. Tra un sorso di birra e uno di vino, si muoveva a ritmo, con un sorriso ebete stampato in faccia. Sembrava felice e sinceramente apprezzare le doti artistiche del musicista. In vino veritas.
Sotto il cielo stellato, l’insegna luminosa del Lidl brillava come un faro nella notte, guidandoci verso il nostro rifugio. Non era solo un parcheggio, ma un’oasi di tranquillità. E così, chiudemmo gli occhi e ci addormentammo, sognando di avventure future e di giorni migliori. Lidl, dove anche i sogni più semplici trovano casa.
31\08\2024
Ci siamo messi in cammino verso Punta Da Piedade, dove le scogliere di arenaria dorata si ergono come giganti, alte fino a 20 metri. L’erosione le ha scolpite in archi, grotte e pinnacoli.
Attraversiamo la periferia, un passo dopo l’altro, fino a raggiungere la costa. Il sentiero di legno ci guida lungo la scogliera. Il paesaggio era un quadro da scoprire a piedi, ogni passo una pennellata. La falesia si era staccata in vari punti, lasciando enormi roccioni sparsi lungo la costa. Si vedeva tutta la costa, scolpita e segnata dal tempo, un’opera d’arte che solo la natura poteva creare. Camminiamo, e ogni passo è un verso di una poesia che non ha bisogno di parole.
Abbiamo proseguito fino alla punta. Una scalinata di pietra di 180 gradini, ci ha portato giù fino all’attracco delle imbarcazioni. Caotico, ma bello.
Lì, una bambina inglese, fastidiosa come una zanzara, insisteva per accarezzare il cane. Piantata davanti a noi, bloccava il passaggio, mentre la madre se ne fregava e il padre ogni tanto si ricordava di avere una figlia.
Dopo la camminata, siamo andati a Sagres. Un parcheggio con servizi. Il paese è quasi inesistente. Solo un paio di vie, qualche caffetteria e ristoranti. Scuole di surf e negozi di noleggio ovunque. Chi viene qui lo fa per praticare questo sport o per una visita alla fortezza. Un tempo, un baluardo contro i pirati. Oggi, un museo sulla navigazione e la famosa Rosa dei Venti, un compasso di 43 metri di diametro. L’avevamo già visitata anni fa e ci era piaciuta.
Una breve passeggiata ci porta alla scogliera. Il paesaggio è rude. Il vento sferza forte, tira la pelle. Le onde si scagliano prepotenti sulle rocce. Il rumore assordante della natura ti impone di rimanere zitto e ascoltare. Qui, se urli, nessuno ti sente. L’oceano sovrasta ogni cosa. Siamo rimasti seduti a contemplare il paesaggio fino al tramonto, aspettando che sparisse dietro le nuvole, godendoci gli effetti di luce.
Qualche persona voleva accarezzare Axel. Un signore, forse colpito dalla nostra bellezza, ci ha chiesto se volessimo delle foto. Abbiamo accettato, per non deludere la sua gentilezza. Le foto sono venute buie, ma non importa. È il gesto che conta.
Il vento ci ha tolto ogni voglia di stare fuori. Siamo tornati e ci siamo addormentati, cullati dalle raffiche che facevano dondolare dolcemente il camper.
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