19.09.2024
La mattina mi ha ricordato quanto posso essere stupido. Se voglio scappare da questi posti usando i servizi, devo farlo all’alba o nel cuore della notte, quando tutti dormono. Perché se provo a farlo alle otto, siamo fregati. Ieri Chiara mi diceva: “Facciamolo adesso” , ma la mia pigrizia ha vinto, e così eccoci qui, a partire quasi due ore dopo. Questo mi servirà da lezione, lo so. E questa regola ora vale il doppio, visto che la popolazione dei camper è tornata quella della terza età, schiavi delle abitudini e puntuali come orologi svizzeri, non guardano in faccia a nessuno.
Arriviamo a Óbidos e parcheggiamo accanto all’Acquedotto di Usseira, un vecchio serpente di pietra che si snoda per 6 km, portando acqua alla città. Dal parabrezza vediamo le mura merlate del castello. Siamo a un paio di minuti dall’ingresso della città, basta attraversare la strada.
Entriamo a Obidos attraverso la Porta da Vila, l’ingresso principale, decorato con splendidi azulejos. Le strade sono strette, i venditori sono ovunque, pronti a vendere la Ginjinha, un dolce liquore alla ciliegia servito in tazze di cioccolato.
L’atmosfera medievale è viva, con abitazioni imbiancate a calce, spesso decorate con bordi gialli e blu. Questi colori vivaci contrastano splendidamente con il bianco delle pareti, ma non sono perfette. Le scritte sono ovunque, come una malattia che si diffonde: frasi semplici, sopratutto dichiarazioni d’amore. Ci sono divieti ovunque per combattere il fenomeno, ma non servono a niente.
Il castello di Óbidos si erge imponente dominando la città. Sentiamo ancora l’eco delle battaglie: i musulmani che fortificano, i cristiani che riconquistano. Una fortezza medievale con torri cilindriche e mura merlate. Un tempo difendeva la città, ora ospita un hotel di lusso. I tempi cambiano, ma le pietre restano. Il re Dom Dinis lo donò alla sua sposa, la Regina Isabella, nel 1282. Da allora, la città è stata un dono di nozze per molte regine del Portogallo. Insomma, era solo un uomo che non sapeva cosa regalare alla propria moglie, come qualsiasi marito. E allora che si prenda questa dannata Óbidos. È solo un mucchio di pietre, ma almeno non si lamenterà.
Le mura della città si estendono per circa 1,5 km, offrendo viste panoramiche sulla campagna circostante e noi le attraversiamo quasi per intero.
In Praça de Santa Maria, al centro della piazza, si trova una fontana storica, alimentata dall’acquedotto e l'Igreja de Santa Maria, con le sue rifiniture nere che contrastano con le pareti bianche. Notiamo la Livraria do Mercado Biológico, una libreria con scaffali che arrivano fino al soffitto tra cibi freschi e dell’orto. È un posto strano. Invece la Livraria de Santiago è una scoperta, una chiesa sconsacrata, ora tempio dei libri. Le pareti sono ricoperte di volumi di ogni genere.
In alcune parti della città ci sono delle ricostruzioni di edifici in legno e polistirolo, un tentativo di rendere tutto più medievale. Ma è tutto chiuso. Non sappiamo se fosse un evento passato o qualcosa che deve ancora succedere. Non abbiamo trovato informazioni.
Ci fermiamo in tanti punti panoramici, saliamo e scendiamo per la città. Hanno piazzato panchine, altalene, reti. Non sono comode, ma la vista è bella.
Una bella cittadina, perfettamente intatta. Siamo contenti di averla rivista. Domani ci faremo un altro giro. La prima volta è stata una sorpresa, ma anche la seconda non ci ha deluso.
20.09.2024
Nazaré, celebre per le sue onde gigantesche, attira surfisti da ogni angolo del mondo. Parcheggiamo in un’ampia area verde appena fuori città. L’aria è fresca e minaccia pioggia. Ci dirigiamo verso il faro. Lungo la strada, incontriamo un’area recintata e, tra gli alberi, dei cervi ci osservano con occhi curiosi.
La Fortezza di São Miguel Arcanjo si erge imponente vicino al faro. Costruita nel 1577 per proteggere la costa dagli attacchi dei pirati, oggi ospita un piccolo museo dedicato alla storia del surf a Nazaré. Le onde continuano a infrangersi contro la costa, incessanti e potenti.
Raggiungiamo la Praia do Norte, un luogo dove la natura mostra i muscoli. Le onde, grazie a un canyon sottomarino che ne amplifica la potenza, possono raggiungere altezze impressionanti. Nel 2011, un surfista di nome Garrett McNamara ha cavalcato un’onda di 23,8 metri, stabilendo un record mondiale.
Restiamo qui per ore, osservando il mare ritirarsi e tornare con ancora più forza. Abbandoniamo la spiaggia e ci imbattiamo nell’Estátua Homenagem aos Surfistas, una scultura singolare che raffigura un surfista con la testa di cervo. Simboleggia le due anime di Nazaré: quella antica, legata alla leggenda di Nossa Senhora da Nazaré, e quella moderna, famosa per le sue onde e il surf. Due mondi che si incontrano in un abbraccio surreale.
La leggenda narra che era il 1182, quando il cavaliere Don Fuas Roupinho stava cacciando nei pressi del promontorio di Nazaré. La nebbia era così fitta che potevi tagliarla con un coltello, ma lui, testardo, continuava a inseguire un cervo. Non vedeva nulla, solo il bianco ovunque, e il suono dei suoi passi che rimbombava nel vuoto. Ignaro del pericolo, si avvicinò al bordo della scogliera. Il vuoto lo attendeva, ma invocò la Vergine Maria. Il cavallo si fermò, salvandolo. In segno di gratitudine, Don Fuas costruì una cappella, l’Ermida da Memória, nel punto del miracolo.
Poco distante, la piccola cappella , dove all’interno le piastrelle azulejos narrano la storia del miracolo. È un luogo di devozione per i pescatori e le loro famiglie, che vi si recano per pregare per la protezione in mare.
La Chiesa di Nossa Senhora da Nazaré è un esempio di architettura barocca e una rinomata meta di pellegrinaggio. All’interno, si possono ammirare altari dorati e opere d’arte sacra. All’esterno, delle donne smontano le bancarelle, dove vendono frutta secca e lupini, indossando i loro abiti tradizionali, sette gonne sovrapposte. Questa usanza risale ai tempi in cui aspettavano i loro mariti pescatori sulla spiaggia. Quei vestiti erano come armature, strati su strati per proteggersi dal freddo e dalla solitudine.
In tarda serata ci ritiriamo a casa, conquistati da questo posto e con tanto freddo nelle ossa.
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