21.09.2024
Oggi, la giornata inizia al Sítio da Nazaré. Questo quartiere storico si trova su un promontorio che si eleva per circa cento metri sopra l’oceano. Le viste panoramiche sulla spiaggia sottostante e sull’immensità dell’Atlantico sono mozzafiato. Ieri, il santuario e la cappella erano solo un preludio. Oggi, qui c’è il Miradouro do Suberco, un belvedere dove puoi ammirare l’intera costa. Il resto del villaggio mantiene il suo fascino tradizionale, con strade strette e case bianche.
Da qui parte la funicolare che ti porta alla parte bassa e alla praia. Parte ogni quindici minuti, si muove lento e costante, portando con sé turisti curiosi e abitanti stanchi. Noi scendiamo a piedi. C’è una scalinata che collega la parte bassa della città con il Sítio.
Arrivati in fondo, ci troviamo sulla Praia da Nazaré. Il mare è calmo. Seguiamo il lungomare, respirando l’aria salmastra, carica dell’odore del mare e del pesce essiccato. Le donne sono lì, con le mani ruvide e i volti segnati dal tempo. Mogli di pescatori. Le reti sono stese, cariche di pesci che brillano sotto gli ultimi raggi di sole. I pesci vengono disposti con cura, lasciati al sole per ore, fino a diventare croccanti e salati. Un’arte tramandata di generazione in generazione.
Puoi mangiarlo direttamente come snack, croccante e saporito. Alcuni preferiscono ammollarlo in acqua per qualche ora. Dopo l’ammollo, può essere cucinato in vari modi. Puoi aggiungerlo a zuppe, stufati o insalate. Può essere sbriciolato e usato come condimento per insaporire altri piatti, come riso o pasta.
Questa pratica permette di conservare il pesce per lunghi periodi. Interessante, molto scenico. Ma credo che, nemmeno in punto di morte, mi fermerei a comprarne di mia spontanea volontà. Non mi fa venire l’acquolina in bocca nemmeno un pò.
Queste signore, con i capelli grigi raccolti in un fazzoletto colorato, indossano sette gonne, una sopra l’altra, ognuna con un colore diverso. Ogni gonna racconta una storia, un giorno della settimana passato ad aspettare il ritorno del marito pescatore.
Sette, il simbolo delle sette virtù cristiane che hanno cercato di vivere ogni giorno della loro vita. Sette onde dell’Atlantico riflettono la forza e la bellezza del mare, un mare che hanno amato e temuto, che ha dato e tolto tanto, portano con sé il peso delle leggende e delle tradizioni. Personalmente mi ricordano l’abbigliamento tradizionale dei Rom o Sinti.
Poco più avanti, ci fermiamo vicino alle barche spiaggiate, ognuna con un nome e una storia raccontata sui pannelli. Le barche da pesca colorate, chiamate “xávega,” sono qui, decorate con motivi vivaci e simboli religiosi. Vengono usate per la pesca costiera e fanno parte del paesaggio di Nazaret.
Il resto del lungomare e del paese potrebbe essere qualsiasi località turistica di mare. Non c’è niente di particolare che lo distingua.
Siamo stati in giro tutto il giorno, senza cibo e ora mi sento come ciccio bastardo: "lo voglio friggere, friggere". Sto morendo di fame. Ci fermiamo al supermercato e prendiamo carne e patate che si possano immergere nell'olio bollente. Concludiamo la giornata così, incapaci di muoverci, pieni fino a scoppiare.
22.09.2024
Attraversiamo il Parco Atlantico, diretti verso la spiaggia Norte, salutando i cervi, nostri amici. Potrebbero essere nobili o daini, due specie che si trovano spesso in parchi e riserve. Le recinzioni che li circondano non sono solo per tenerli dentro, ma per proteggerli dai predatori e dai pericoli esterni. Due aree separate, forse per età, sesso o per evitare conflitti.
L’area dedicata ai cervi sembra piccola rispetto al resto del parco, in questo modo i gestori possono monitorare la salute e il benessere degli animali più facilmente. Il numero di cervi varia, ma i parchi mantengono una popolazione gestibile per garantire spazio e risorse adeguate a ciascun animale.
Durante la passeggiata siamo circondati da alberi di pini che si stagliano contro il cielo. La resina cola lentamente dai tronchi, un processo antico come il tempo. Gli uomini con le mani callose fanno incisioni nella corteccia, a forma di “V” o di “U”, per permettere alla resina di fuoriuscire. Inseriscono piastre di metallo sotto l’incisione, guidando la resina verso i contenitori legati agli alberi.
Periodicamente, gli uomini svuotano i contenitori e trasportano la resina raccolta per la lavorazione. La resina grezza viene pulita, liberata da impurità come pezzi di corteccia e detriti. Poi viene riscaldata, distillata, separata nei suoi componenti principali: trementina e colofonia.
La trementina diventa solvente, finisce nelle vernici. La colofonia trova la sua strada negli adesivi, nelle gomme da masticare, nei prodotti farmaceutici. Quante cose si imparano semplicemente osservando la natura e facendosi delle domande.
Finito il bosco, arriviamo alle dune, alte e maestose. La vegetazione è tipica delle aree costiere, piante che hanno imparato a sopravvivere nella sabbia e nel vento.
C’è l’ammofila arenaria, l’erba delle dune, con le sue radici profonde che stabilizzano la sabbia. L’elicriso, con i suoi fiori gialli, resistente alla siccità. Il cisto, un arbusto che produce fiori bianchi o rosa, che cresce bene nei terreni sabbiosi. E il ginepro, che può crescere in condizioni difficili e contribuisce alla stabilità delle dune.
Questa vegetazione non è solo bella da vedere, ma è cruciale per proteggere le dune dall’erosione.
Arriviamo alla Praia Norte e ci accoglie la nebbia, densa e avvolgente. A Nazaré, la nebbia è una vecchia conoscenza, soprattutto d’estate. L’aria calda e umida dell’Atlantico si scontra con l’aria fredda della terraferma, e il risultato è questa coltre bianca che avvolge tutto.
Il Canyon di Nazaré, un enorme canyon sottomarino, gioca il suo ruolo. Le correnti oceaniche e le condizioni atmosferiche locali si mescolano, creando variazioni di temperatura e umidità che favoriscono la formazione della nebbia. La nebbia trasforma tutto, rende l’atmosfera suggestiva e misteriosa. Ma per i surfisti che affrontano le onde giganti di Nazaré, è un’altra storia. La visibilità cala, e ogni onda diventa un salto nel buio.
Passeggiamo lungo la spiaggia, con le onde che oggi sono molto più alte del solito. Lungo la riva si trova di tutto: detriti legati alla pesca, pezzi di legno e ogni tipo di spazzatura, soprattutto plastica. Ci sono bidoni di detersivi, cartoni del latte e le classiche bottiglie d’acqua. Ogni tanto, vediamo cumuli di questi oggetti raccolti dalla gente, probabilmente per facilitare la raccolta da parte del comune.
La spiaggia sembra infinita. In lontananza, sentiamo l’abbaiare di un cane, ma non riusciamo a vederlo. Dopo un po’, eccolo lì, su una duna che ci osserva. Vedendo Axel, ha deciso di lanciarsi giù e correre verso di noi. È un cucciolo di Rottweiler, che punta dritto verso di noi, ma vuole solo giocare con Axel, che però non la prende bene. In lontananza, dall’alto delle dune, sentiamo qualcuno urlare continuamente il nome del cane, “Manuel!”. Ovviamente, non serve a niente, perché il padrone è davvero lontano. Dopo un po’ di confusione, riusciamo a far allontanare il cucciolo, che sembra tornare dal suo padrone. Continuiamo a camminare avvolti dal frastuono delle onde. Abbiamo passato tutta la giornata in spiaggia, camminando avvolti dalla nebbia. Alla fine, torniamo passando per il paese e ci rintaniamo al calduccio della nostra dimora.
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