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23-24/09/2024 IL PIENO DI MADONNE

23.09.2024

Arrivati all’area di sosta camper di Batalha. Ci troviamo vicino al villaggio di Aljubarrota, dove i portoghesi, guidati dal Re Giovanni I e dal condottiero Nuno Álvares Pereira, hanno dato una bella lezione ai castigliani. Con solo 6.500 soldati contro i 30.000 castigliani, hanno vinto grazie alla “tattica del quadrato” – un modo elegante per dire che hanno scavato trincee e messo ostacoli ovunque.

La vittoria ha gonfiato l’ego dei portoghesi. Come ringraziamento alla Vergine Maria , hanno costruito il Monastero di Batalha, un simbolo di indipendenza e orgoglio nazionale. Un esempio di come guerra e religione vadano a braccetto, lasciando dietro di sé un sacco di morti e un bel po’ di pietra scolpita.
Il Monastero di Batalha, ora sito UNESCO, è un capolavoro dell’architettura gotica e manuelina. Dimostra un’abilità tecnica e artistica eccezionale, con dettagli intricati e innovazioni architettoniche. Bei archi a punta decorano finestre e portali, le strutture a volta con nervature incrociate, le guglie e i rosoni, elementi decorativi verticali e grandi finestre circolari con vetrate colorate.

Con lo stile manuelino, ritroviamo decorazioni ispirate al mare come corde intrecciate e alghe, colonne a spirale che ricordano le forme naturali e ricche decorazioni, dettagli intricati e simbolici legati alle scoperte marittime portoghesi. Ogni dettaglio è un tributo alla maestria degli artigiani che hanno lavorato instancabilmente per oltre 150 anni. 
Una delle parti più affascinanti del monastero sono le Cappelle Incompiute. Queste cappelle, non sono ancora state completate, e non credo le completeranno mai. Metterle due finestre che entrano i piccioni però.

La città è un deserto di cemento. Ci avventuriamo nei dintorni, seguendo il ponte di Boutaca, l’unica cosa che sembra valere la pena oltre al monastero. Ma appena ci allontaniamo dal centro, ci rendiamo conto che è tutto una perdita di tempo. Torniamo indietro e rientriamo nel camper, rassegnati a passare la serata in quell’area di sosta. Domani ce ne andiamo, non vediamo l’ora. La zona è disseminata di enormi edifici come il Monastero di Alcobaça e il Convento di Tomar. Decidiamo di fare un’unica tappa a Fátima, giusto per fare il pieno di Madonne e sentirci a posto per un po'.

24.09.2024

Il 13 maggio 1917, tre bambini, Lucia, Francisco e Jacinta, stavano pascolando le pecore in un campo. Mentre giocavano, una luce accecante li fermò. Davanti a loro apparve una donna vestita di bianco, con un rosario in mano. “Sono la Vergine Maria”, disse. I bambini erano spaventati e affascinati allo stesso tempo. Ogni mese, il 13, la donna ritornava. Parlava di inferno, guerra e Russia. Mostrava visioni spaventose, ma diceva che c’era speranza, che dovevano pregare e fare sacrifici.
Il 13 ottobre, durante l’ultima apparizione, migliaia di persone si radunarono. Il sole danzava nel cielo, cambiava colore e dimensione. I bambini guardavano, increduli. Tutti dicevano che era un miracolo.
Francisco e Jacinta morirono giovani, vittime dell’influenza spagnola. Lucia divenne suora e visse fino al 2005.
La Madonna chiese una cappella in suo onore. Così, nel 1919, fu costruita la Cappellina delle Apparizioni, proprio dove i bambini dicevano di aver visto le visioni. Ma questo era solo l’inizio.
Nel 1928, iniziò la costruzione della Basilica di Nostra Signora del Rosario. Un progetto ambizioso, in stile neobarocco, che richiese anni di lavoro e dedizione. La basilica fu completata nel 1953, un edificio maestoso fatto di pietra calcarea locale, il “bianco di mare”, che le dava un aspetto luminoso e puro. Al centro del santuario, le tombe dei veggenti facevano da guardiani silenziosi. Il santuario crebbe e si espanse. Nel 2007, fu inaugurata la Basilica della Santissima Trinità. Un continuo evolversi, come se non bastasse mai. La costruzione coinvolse un esercito di artigiani e operai locali, che lavoravano senza sosta sotto la supervisione di architetti e ingegneri esperti.
Il finanziamento dell’opera fu un’impresa collettiva. La maggior parte dei fondi proveniva dalle donazioni dei fedeli, ispirati dalla devozione alla Madonna di Fátima. Le offerte raccolte durante i pellegrinaggi annuali erano cruciali, con milioni di devoti che ogni anno visitavano il santuario. Fátima, un piccolo villaggio portoghese, divenne il centro del mondo per milioni di pellegrini.
Dopo aver narrato la storia del luogo, siamo finalmente giunti a destinazione, nel parcheggio del santuario, un luogo con ampi spazi per camper e aree verdi. Superandolo, ci troviamo in un vasto spazio, perfetto per ospitare grandi folle durante le celebrazioni e le processioni. Questo senso di vastità contribuisce all’atmosfera solenne e spirituale del luogo.
Ci imbattiamo in diverse statue di papi e nel “Crocifisso Alto”, una rivisitazione moderna della crocifissione classica. Il Recinto delle Preghiere è dove i pellegrini, il “gregge”, si raccolgono per pregare e partecipare alle celebrazioni liturgiche. Qui si svolgono molte delle principali cerimonie del santuario. Abbiamo assistito a un pezzo della messa in portoghese, e continuo a ribadire che è una lingua orribile.
C’è una zona delle candele, un forno con una fiamma perenne. I fedeli arrivano con candele lunghe come lance e le lanciano dentro, sperando che il loro desiderio non si sciolga prima di toccare il fondo. Accanto, c’è un’area dove puoi accendere le candele e appoggiarle con cura, come se stessi decorando una torta di compleanno. E poi, per i più pigri o tecnologici, c’è l’opzione elettronica: butti dentro un euro e si accende una lucina al neon che imita una candela. Romanticismo a batteria.
L’edificio enorme e circolare? Sorpresa, sono i bagni pubblici. Lì vicino ci sono dei musei. Ne abbiamo visto uno solo, dedicato ai rosari. Un’esposizione di opere moderne, con un rosario gigantesco illuminato che riempie una stanza e teche piene di rosari di ogni tipo, con descrizioni dei materiali. Sembrava di essere in una gioielleria.
Poi c’è questo enorme stanzone con un Cristo crocifisso che sembra uscito da un film di fantascienza, con una faccia da Neanderthal sull’altare. Tutto molto da convention, perfetto per i raduni di Tecnocasa o del Folletto. L’interno del santuario? Carino, ma niente di speciale, se devo essere sincero.
Suore dappertutto, con famiglie al seguito. Le associazioni portano orde di relitti umani, un esercito di carrozzine con corpi esanimi sopra. Donne che snocciolano rosari recitando preghiere, altre con volti imbambolati che parlano da sole. I più devoti, armati di ginocchiere, strisciano attorno al santuario, ginocchia a terra, rosario in mano. Ma la maggior parte sono turisti, lì solo per scattare foto.
Le mie sensazioni? Dal macabro al nulla più totale. Non ho percepito niente di spirituale, zero. Sarò di parte, ma non ho sentito nulla. Le cassette delle offerte sono ovunque, ad ogni angolo. Con QR code e bancomat, facilitano le donazioni. Le cifre? Dai pochi spiccioli a somme invisibili, solo numeri su un conto immaginario. Le digiti in un impeto momentaneo. Non aiuta certo la mia idea di fede.
Passiamo un paio d’ore così, a osservare, a guardare. Mi sento svuotato, ho solo voglia di andarmene. Prendiamo tutto e ci dirigiamo verso la prossima meta.

 

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